Fermi al
primo approdo
L'otto
giugno 1959 viene
proclamato lo
sciopero generale
dei marittimi.
Da anni non
riescono a rinnovare
il contratto
collettivo di
categoria. Quello in
vigore è
sostanzialmente
stipulato in pieno
regime fascista.
Il grande
sciopero della
marineria del 1559
prende avvio il
ventisette maggio
quando le
organizzazioni
sindacali dei
lavoratori del mare
fissano la data del
31 del mese come
ultimo termine per
la stipula del
contratto collettivo
di categoria.
Gli
armatori, pero,
annunciano di non
essere nemmeno
disposti ad
incontrarsi sulla
base delle proposte
del lavoratori.
Scaduto il termine,
i sindacatl
proclamano lo
sciopero generale
della categoria. Il
giorno dopo si
riprende la
trattativa
Al
ministero i
lavoratori chiedono
miglioramenti
economici pari
al 30 per cento del
trattamento
in atto, commissioni
sindacali a bordo,
una nuova
regolamentazione dei
turni e più viveri.
Gli armatori invece
si limitano offrire
solo un aumento
delle paghe del 6
per cento e
miglioramenti di
carattere generale.
Il giorno 8
Giugno 1959
fallisce l'incontro
congiunto tra
armatori e sindacati
e viene dl nuovo
proclamato lo
sciopero generale
che vede la totale
adesione dei
lavoratori.
Nel porto
di Napoli si fermano
le prime navi come
il Città di Tunisi,
il Ponte e l'Asia.
A New York
viene bloccato dalla
vertenza sindacale
il transatlantico
Giulio Cesare. Nei
giorni successivi il
fermo delle navi
prosegue
ininterrotto.
Sempre a Napoli non
mollano gli ormeggi
le navi Venezuela e
Lazio. A Livorno si
ferma il Diana,
mentre a Trieste lo
sciopero raggiunge
il Campania Felix,
il Citta di Messina
e la nave Sardegna.
A Dakar si ferma il
Conte Grande e il
Conte Biancamano. A
Melbourne in
Australia il
Neptunia; a
Cristobal il Marco
Polo. Grande
partecipazione allo
sciopero si registra
a Napoli dove alle
navi già in
agitazione si
affianca il
Traghetto Città dl
Livorno. Il porto di
Venezia vede lo
sciopero della nave
Città di Trapani,
mentre nello scalo
greco del Pireo si
ferma il Barletta. A
Marsiglia da forfait
il San Marco. Ad
Angora scendono in
lotta tre navi, una
di essi batte
bandiera panamense
ma l'equipaggio,
tutto italiano,
aderisce allo
sciopero . Ormai la
vertenza diventa un
caso internazionale
e finisce sulle
prime pagine di
tutti i giornali La
reazione degli
armatori non si fece
attendere. A Trieste
la società Tirrenia,
proprietaria della
nave Città di
Catania, ordina al
comandante la
chiusura della
cucina di bordo con
il chiaro intento di
affamare
l'equipaggio. Il
comandante però si
rivolge ai
lavoratori triestini
chiedendo
solidarietà. Per
tutta risposta
arrivarono sulla
nave viveri e generi
di conforto fino lla
fine dello sciopero.
Le società
Tirrenia e Lloyd
emanano rigorose
disposizioni,per
impedire l'accesso a
bordo dei
sindacalisti. Ma il
10 giugno si trovano
bloccate,sia in
porti italiani che
esteri ben 27 navi.
Il 12 giugno con il
blocco della nave
Federico C. si ha
l'entrata in
sciopero anche delle
navi appartenenti ad
armatori privati.
Fino ad allora i
fermi avevano
riguardato
prevalentemente navi
appartenenti alla
Finmare.
Il velato
appoggio del governo
agli armatori
consente alla
polizia di occupare
con forza il
Federico C. e la
nave Augustus
intimando ai
marittimi di
lasciare le navi.
Questi sono
costretti a farlo
senza nemmeno poter
prendere gli effetti
personali. Vestiti
sommariamente
sfileranno per le
vie di Genova.Questi
arbitrii non restano
isolati. Stesso
trattamento ricevono
gli equipaggi
dell'Amerigo
Vespucci e del San
Marco.
La Tirrenia
a Napoli dichiara
addirittura di voler
porre in disarmo il
postale Lazio e
invita l'equipaggio
a sbarcare. Analoga
cosa fa il Lloyd nei
confronti dei
lavoratori della
motonave Asia.
Intanto
viene tentata una
nuova trattativa,ma
viene subito
interrotta in
seguito alla rigida
posizione degli
armatori.
In un
incontro con il
Presidente del
Consiglio
Segni,Costa,Lauro e
Fassio si dichiarano
contrari ad ogni
operazione di
apertura nei
confronti dei
lavoratori,fiduciosi
di poter stroncare
alla lunga la lotta
della marineria.
Intanto la lista
delle navi ferme in
sciopero si allunga
e dopo una settimana
nel mondo sono una
centinaia.
Il governo
e gli armatori
tentano tutti i
mezzi per far
terminare lo
sciopero. Vengono
requisite le navi e
denunciati interi
equipaggi per
"rifiuto di
obbedienza".
Si fanno
partire le navi
sgombrate con la
forza e con
equipaggi
raccogliticci e
inferiori di numero.
Oramai lo sciopero è
totale,il 28 Giugno
scendono in sciopero
anche i portuali
mentre continuano a
bloccarsi le navi.
Il governo è allo
sbaraglio. In
parlamento il
deputato liberale
Trombetta presenta
una interrogazione
parlamentare
chiedendo
addirittura una
legge che impedisca
ai marittimi di
scioperare,mentre
continuano le
illegalità nei
confronti dei
scioperanti. Sotto
la spinta delle
pressioni padronali
inaspettatamente il
29 giugno il governo
italiano prende
duramente posizione
contro lo sciopero
della marineria.
A Torre del
Greco forze di
polizia vengono
dirette contro una
manifestazione di
marittimi e
familiari. Vengono
utilizzati metodi
brutali .I
lavoratori
reagiscono e danno
luogo a duri
scontri. Decine di
feriti sono il
triste bilancio
della giornata.
Numerosi
manifestanti vengono
arrestati. Intanto
continuano le
illegalità nei
confronti dei
scioperanti,a
Melbourne su
richiesta italiana
del ministro Pella,la
polizia, interviene
in modo massiccio su
un gruppo di
marittimi che
insieme ai portuali
locali protestavano
contro gli equipaggi
crumiri. La stampa
obbedendo a un
diktat degli
armatori diffonde
notizie false
sull'andamento dello
sciopero.
Finalmente
il 18 Luglio dopo 48
giorni di sciopero
il Ministro della
Marina Mercantile
IERVOLINO riceve i
rappresentanti
sindacali e vengono
riprese le
trattative per il
rinnovo del
contratto di lavoro.
Subito dopo
l'incontro i
sindacati revocano
lo sciopero generale
in atto su tutte le
navi in Italia e
all'estero. Si
chiude così una
delle vertenze più
lunghe della storia
della marineria
italiana.