Quel
pomeriggio di un
giorno d'estate di
Luigi Capano
Il
pomeriggio del 29
giugno 1959 ero
comodamente seduto
per terra, fuori al
balcone della mia
abitazione di via
Ven. V. Romano (il
secondo piano è
tuttora adornato da
due busti).
Era lunedì,
il giorno prima ero
riuscito a trovare
al mercato dei
fumetti, al cinema
Iris, un’introvabile
raccolta di Tex.
Divoravo le pagine,
quando sentii degli
spari provenienti
dalla vicina piazza
Santa Croce.
Subito
pensai a fuochi
d'artificio, poiché
era in atto
la Festa
dei Quattro Altari.
Ma, guardando bene,
mi accorsi, che in
piazza c'era una
folla enorme di
persone, che
incendiava una jeep
della polizia. Mi
resi subito conto
che stava succedendo
qualcosa di grosso.
Erano i
marittimi che
protestavano per le
precarie condizioni
di lavoro, ma questo
lo seppi anni dopo.
Ancora infervorato
dalle storie di Tex,
imbracciai il mio
fucile (giocattolo)
"Daisy", originale
americano del 1903,
per dare una mano ai
dimostranti (o alla
polizia?).Per
fortuna mia madre,
prontamente accorsa,
mi strappò il fucile
dalle mani e mi
scaraventò
all'interno. Al
cinema Metropolitan
davano il film
"Missili in
giardino" (titolo
che non promette
nulla di buono), ma
i cartelloni furono
utilizzati come
scudi dai
dimostranti.
All'altezza del mio
portone costruirono
una barricata con i
pali delle
luminarie, ma un
poliziotto altissimo
con gambali di
cuoio, fornito di un
idrante, sbaragliò
pali e uomini.
Mentre
calavano le prime
ombre della sera, la
rivolta era quasi
sedata, solo pochi
gruppi di marittimi
resistevano
asserragliati sul
sagrato di Santa
Croce. Per anni ho
cercato di trovare,
tra i vari libri di
"storia" torresi
traccia di questo
episodio, mai nessun
cenno, forse era
qualcosa di cui
vergognarsi. Per
fortuna, a tale
lacuna, ha sopperito
un libro di recente
pubblicazione "La
sfida dei marittimi
ai padroni del
vapore" di Giordano
Bruschi. Quella
notte non dormimmo,
infatti, strani
rumori si
susseguirono: porte
aperte con violenza,
urla di donne,
pianti di bambini.
Era iniziata la
"retata", squadre di
poliziotti in
borghese si
aggiravano per i
vicoletti alla
ricerca dei presunti
capi della rivolta.
Un uomo con una
valigia di cartone
si aggirava
furtivamente tra i
vicoli: era mio
padre.
Da mesi non
lavorava e proprio
quel giorno doveva
imbarcarsi.
Mio padre
Raffaele Capano,
cugino dell'omonimo
sindaco di quel
periodo, ha sempre
navigato .Il 24
maggio del 1918 mio
nonno Francesco si
trovava a Melilla
(Marocco) con il suo
piroscafo Maria Pia,
fu silurato da un
sommergibile tedesco
e si inabissò in
quel mare, insieme
alla sua nave. Aveva
sette anni mio padre
e, pochi anni dopo,
era già mozzo sulle
navi a vela. Con la
sola licenza
elementare, riuscì a
conseguire il
diploma di piccolo
cabotaggio. In
seguito lavorò alla
base navale di
Napoli sui
rimorchiatori che
portavano l'acqua
all'isola di
Ischia.In quel
periodo conobbe il
libraio Falanga, che
lavorava con lui, e
divennero molto
amici, anche se di
idee politiche molto
distanti. È stato
uno dei timonieri
del transatlantico
Rex, nastro azzurro
nell'agosto del
1933, la cui storia
è ben narrata in "Il
romanzo del Rex" di
Ulderico Munzi. In
questi giorni ho
visitato il "Museo
del Giocattolo" in
Corso Avezzano,
lodevole iniziativa
in una città che, in
questo periodo, è
nota solo per gli
omicidi di camorra.
Ebbene quel mio
"Daisy" del 1903
sono certo che non
sfigurerebbe tra
tutti quei
giocattoli.