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07-07-2019

Strage di Djen-Djen, trucidati sette marittimi Italiani (per non dimenticare)

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La notte del 6 luglio 1994 a bordo della nave da carico Lucina, attraccata al porto algerino di Djendjen, vennero sgozzati i sette uomini dell' equipaggio. Erano il capitano Salvatore Scotto (Monte di Procida), gli ufficiali di bordo Antonio Scotto Cavina (Monte di Procida)  e Antonio Schiano Di Cola (Procida), il macchinista Gerardo Esposito (Monte di Procida), i marinai Domenico Schillaci (Porto Empedocle) e Andrea Maltese (Trapani), il mozzo Gerardo Russo Torre del Greco).

Erano arrivati nel piccolo porto a est di Algeri da oltre due settimane con un carico di duemila tonnellate di semolam cous-cous. La nave era partita da Cagliari, per conto della Sem Molini Sardi, di proprietà di Massimo Cellino, presidente del Cagliari calcio, e di sua moglie Lucina, da cui aveva preso il nome il cargo. La lunga sosta in una delle zone considerate 'off-limits' per la forte concentrazione della guerriglia integralista islamica era dovuta proprio al fatto che l' equipaggio del Lucina non era riuscito a trovare nessuno disposto a compiere il trasbordo del loro carico. I corpi dei sette marinai vennero trovati la mattina del 7 luglio da un dipendente della capitaneria di porto che, non vedendo movimento a bordo, era salito sulla nave italiana, trovandosi davanti la scena raccapricciante dei sette corpi immersi nel sangue, le gole tagliate con il coltello. Il rituale ricalcava esattamente quello delle stragi che già da due anni - dopo l' annullamento, nel 1992, delle elezioni vinte dal Fronte di salvezza islamico e l' entrata dei fondamentalisti nella clandestinità - insanguinavano l' Algeria, con un bilancio di 37 morti tra gli occidentali, soprattutto francesi, solo in quel '94. Stupore per la presenza della nave in quel porto 'a rischio' venne espressa sia dalle autorità algerine (il presidente Liamine Zeroual), sia dall' ambasciata italiana, che non era stata messa al corrente dell' arrivo del Lucina e delle sue difficoltà di scarico. Dopo quattro giorni dalla strage, le autorità algerine indicarono il responsabile in Yassin Amara, il leader dei gruppi armati islamici attivi nella zona di Djendjen. Soprannominato le napolitain per il suo fluido italiano, Amara avrebbe fatto amicizia con l' equipaggio del Lucina, salendo più volte a bordo della nave e imparando così a conoscerla bene.
Secondo gli investigatori algerini, il commando che compì il massacro era composto da una trentina di uomini, che agirono di notte e fuggirono subito sulle montagne. Il governo sostenne da subito che la strage mirava ad isolare l' Algeria alla vigilia del vertice del G7, che si stava per tenere proprio in Italia.

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