Gente di Mare: l’economia sana ed indispensabile del nostro Paese
Agostino Falanga Uiltrasporti
Quando di parla di Gente di Mare appare in tutta evidenza la profonda diversità fra i Lavoratori che appartengono a questa Categoria e tutti gli altri Lavoratori, tanto che la peculiarità del lavoro nautico è stata riconosciuta anche dallo Statuto dei Lavoratori. Questa considerazione deve, pertanto, essere sempre ben presente in tutti i casi in cui si parli di questioni marittime e di lavoro marittimo. Il Marittimo non è un alieno ma un servitore dello Stato insostituibile per quanto fa, con un sacrificio personale grandissimo seppur sconosciuto alle masse perché svolto in silenzio. Forse solo se mancasse il petrolio e le città rimanessero al buio ed al freddo, si potrà riconoscere l’importanza del lavoro e l’indispensabilità della Gente di Mare. Tre quarti delle regioni d’Italia sono bagnate dal mare, due delle regioni più vaste sono isole e ben sei sono gli arcipelaghi che dovrebbero fare dell’Italia un Paese marinaro per eccellenza.
Abbiamo dato i natali a grandi navigatori come Cristoforo Colombo , Amerigo Vespucci, Giovanni Caboto, Vincenzo Di Bartolo tanto per citarne qualcuno, aggiungerei a questi anche Ambrogio Fogar. A fronte di tanto onore regalato alla Patria da questi navigatori, da qualche decennio in poi le nostre politiche pare abbiano dimenticato cos’è la risorsa MARE, un settore talmente trascurato che si è arrivati persino a ritenerlo un settore “non strategico”! Un errore gravissimo, una decisione scellerata fatta da persone che neppure si sono chieste come è possibile accendere la luce o mettere in moto una macchina! Così il settore marittimo, un tempo vanto del nostro Paese, per colpa dell’insipienza (o dell’ignoranza?) di chi era (ed è) preposto a tutelarlo, ha perso gradualmente il ruolo rivestito, sino ad arrivare alla dismissione di una fotta un tempo fra le più rispettate del mondo. Ovviamente chi più di altri ha patito queste scelte politiche sono state le regioni a più alta vocazione marinara, come la Sicilia e le sue molteplici marinerie. Gente di Mare vera, che da sempre ha utilizzato il mare per traffici e scambi culturali, per esportare la propria cultura ed arricchirla con quelle dei popoli con cui i siciliani hanno convissuto, per secoli, senza problemi di integrazione. Proprio la Sicilia, stante la posizione geografica, è stata da sempre terra d’arrivo e di partenze, il baricentro nel Mediterraneo per i collegamenti marittimi, un centro di sviluppo anche dell’attività cantieristica. La nostra fotta dava lavoro agli italiani che, mestieri tramandati di generazione in generazione, trovavano nel lavoro marittimo lo sbocco per la crescita economica dei territori costieri contribuendo anche alla crescita del PIL. La scelta politica di “abbandonare” il mare avrebbe avuto un senso se le vie d’acqua fossero diventate un sistema di trasporto superato, ma non è mai stato così. Oggi il trasporto via mare si è sviluppato ulteriormente, diversamente in parte rispetto al passato, ma è sempre il modo più utile per spostare merci e passeggeri, peraltro con un impatto ambientale ben più ridotto rispetto ad altri mezzi di trasporto. Proprio per questi motivi, in questo settore da noi trascurato, si sono arricchite altre fotte e la bandiera italiana a poppa è sempre più rara come sempre più rari sono i marittimi italiani che oggi formano gli equipaggi. Così è stata distrutta l’economia sana del nostro Paese!
A dare il colpo di grazia alla nostra marineria ha certamente contribuito la legge Ciampi n. 537/1993 che, inopinatamente, ha di fatto cancellato il Ministero della Marina Mercantile accorpandolo con il Ministero dei Trasporti sino alla totale sparizione con successivi interventi legislativi. Questo provvedimento, certamente improvvido, ha permesso di cancellare la fotta (passeggeri e merci) del Gruppo Finmare, messo in crisi la cantieristica nazionale, legittimato molti armatori a sostituire il tricolore con bandiere di comodo, svilire il CCNL dei Marittimi abbassando il reddito di questi lavoratori ed incrementando la loro disoccupazione. Dopo il danno procurato si è tentato un tardivo recupero attraverso la legge 30/98, nota come legge del Registro Internazionale, legge che ha avuto il pregio di rilanciare il settore e l’occupazione del ceto marittimo italiano. Assieme alla legge 30/98 era stata prevista anche la riforma del Collocamento della Gente di Mare e sarebbe stata una mossa saggia per rimediare ad un regolamento assolutamente fuori dal tempo, del tutto obsoleto, inadeguato a valorizzare le professionalità di bordo. Ma in concreto nulla è intervenuto. Per citare un esempio dell’anomalia insita nel regolamento di Capitaneria applicato alla Gente di Mare, valga il caso di due aspiranti marittimi che vogliono intraprendere la carriera di Cuoco di bordo. Uno provvisto del diploma specifico di scuola alberghiera e l’altro no. Il rilascio del titolo nautico per entrambi come oggi previsto, è Piccolo di Cucina ed a bordo entrambi saranno adibiti a lavare pentole e mansioni simili. Per far carriera dovranno possedere almeno dodici mesi di navigazione sempre lavando pentole! E’ chiaramente una norma iniqua per il diplomato, che indirizzerà costui a mettere la propria professionalità al servizio di società straniere (sono tante quelle addette ai servizi crocieristici) che lo inquadreranno sin da subito, visto il titolo posseduto, come terzo cuoco, una bella differenza professionalmente parlando! Così oggi i nostri marittimi si trovano spesso in un vicolo cieco, travolti da norme assurde, aggiornamenti costosi ed in gran parte insostenibili per le famiglie, succubi di scelte vessatorie e di interessi datoriali. L’ultimo rinnovo del CCNL è stato molto sofferto ed ha messo in forte difficoltà il Sindacato stante il tempo intercorso fra la scadenza ed il rinnovo. Siamo oggi in fase di rinnovo e nonostante il grande impegno della nostra Segreteria Nazionale e del suo Segretario Paolo Fantappié, si profila un lunga battaglia per dare al comparto il miglioramento economico-amministrativo che dovrebbe avere. Purtroppo l’aumento delle Associazioni datoriali è un ulteriore motivo di intralcio allo sviluppo delle trattative, mentre altre Organizzazioni Sindacali non hanno la capacità e la tenacia di spendersi come Fantappié, con il risultato di favorire inconsciamente le controparti. In Sicilia siamo arrivati al monopolio dei servizio pubblico, quel monopolio che qualcuno usava con arma contro il Gruppo Tirrenia. Sino ad ora pare che nessuno se ne sia accorto e la diligenza posta in essere contro “il regime Tirrenia” non sembra albergare nei soggetti che ne hanno titolo. Per i traghetti, che collegano le 14 isole minori alla Sicilia, l’unico vettore è Caronte & Tourist Isole Minori, un’azienda privata ma ben gestita, con la quale sono buone le relazioni industriali. Per la stessa area ma per il servizio con mezzi veloci, l’unico vettore rimasto in campo è Liberty Lines, oggi in gravi difficoltà per motivi di varia natura seppur tutti ben noti.
E’ sempre aperta in questa Società la procedura per il licenziamento collettivo di 72 lavoratori connesso alla perdita del servizio Metromare sullo Stretto di Messina. Confidiamo che la lunga trattativa, mantenuta viva solo localmente, iniziata nel mese di settembre 2018, possa portare ad un risultato utile a scongiurare anche un solo licenziamento. Un cenno infine va fatto anche per il settore Pesca, una categoria quella dei pescatori che tanto ha dato e dà all’Italia, ma che subisce le vessazioni di normative europee che, nei nostri mari, si rivelano devastanti per questa economia. Oggi pescare un tonno nel Mediterraneo fa del pescatore italiano un delinquente mentre i paesi africani, prospicienti il nostro, non vincolati dalle stesse norme fanno ciò vogliono. E’ veramente assurdo! Nel settore Marittimo per quanto attiene l’attività di terra ad esso collegato, dobbiamo lamentare la stagnazione riguardante l’avviamento delle ZES, Zone economiche Speciali. In questo segmento dell’operativo portuale abbiamo creduto come opportunità di crescita della nostra Regione, preso atto di tutti i benefici che ne deriverebbero. Anche per questo progetto abbiamo confidato che proprio la collocazione della Sicilia, al centro del Mediterraneo, fosse il determinante per copiare chi, come la Polonia e Duba, dalle ZES aveva tratto enormi benefici. Dopo un certo interesse delle amministrazioni interessate, in primis Augusta, il progetto pare sia fermo, nessuno ne parla e non è dato di saperne i motivi. Sempre all’interno dei porti Siciliani, c’è fermento per il lavoro portuale, settore che dovrebbe essere il volano per lo sviluppo dei nostri porti visto che siamo un’isola e qui i porti hanno un ruolo di estrema importanza. Fermento poiché è in atto un tentativo di cancellare le Compagnie portuali sottraendo loro il lavoro, in particolare le operazioni di rizzaggio e derizzaggio che si vorrebbero fatte in autoproduzione. Se le grandi Compagnie di traghetti che collegano la Sicilia al Continente intendono risparmiare sostituendo i lavoratori portuali, abilitati e quindi legittimati a svolgere tali operazioni, con lavoratori marittimi a bordo con ben altre mansioni, sarà questo motivo di apertura di un confitto durissimo, che vedrà coinvolte tutte le parti che si occupano di lavoro nei porti, incluse le Capitanerie di Porto. Non possiamo consentire che interessi a vantaggio di pochi arrechino danno a tanti incidendo, purtroppo, persino sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. Il lavoro non deve e non può essere strumento di speculazione per nessuno! Oggi sappiamo che tutti i lavori portuali sono visti dagli armatori come costi impropri, da eliminare, anziché come una risorsa che fornisce un’attività insostituibile, senza alternative. Ci opponiamo a questo tentativo di arricchimento sulle spalle dei Lavoratori e delle loro famiglie, ben sapendo che per i Vettori questi non sono costi a loro carico visto che sono puntualmente riversati sull’utenza all’atto dell’acquisto dei titoli di viaggio. Concludiamo la nostra panoramica interna al settore marittimo ribadendo il nostro convincimento di sempre, ossia che abbiamo bisogno del mare, non possiamo rinunciare a ciò che produce in termini di lavoro e ricchezza. Abbiamo perciò bisogno di idonei provvedimenti legislativi che ridiano dignità a questo settore, prima che sia troppo tardi. Sappiamo che Paolo Fantappié a Roma è sempre molto sensibile a tutto ciò che può contribuire a migliorare le condizioni di chi lavora in mare e nei porti, senza differenze, sia che si debba trattare con Ministeri o con Associazioni armatoriali. Per questo siamo fiduciosi e ben volentieri a sua disposizione per qualsiasi supporto possa essergli utile.
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