Il lavoro marittimo è gravoso. Il nostro impegno per farlo riconoscere

Vincenzo Fausto Pagnotta coordinatore nazionale marittimi

Nonostante siano tutti concordi nel dichiarare che il settore marittimo abbia una grande peso nella nostra economia nazionale, non sempre ci si ricorda che l’attività marittima è caratterizzata da elevate responsabilità e da un alto grado di pericolosità. E di ciò si deve tenere conto anche quando parliamo delle pensioni dei marittimi.

In questo settore i rischi principali sono connaturati all’ambiente di lavoro, che può essere chiuso, coibentato, di dimensioni ridotte, privo di ventilazione naturale. Per questo i pericoli ancora troppo numerosi. In aggiunta non vanno poi dimenticati i rischi epidemiologici e quelli di guerra e pirateria. Nonostante queste premesse, tante sono le disattenzioni che nostro malgrado ancora verifichiamo. L’indifferenza delle istituzioni verso i marittimi può essere motivata dalla specialità della nostra attività lavorativa, ma questo non giustifica gli errori grossolani che in alcuni casi sono stati commessi.

Per questo è importante ricordare alcune problematiche su cui ci stiamo confrontando da diversi anni con il Ministero dei Trasporti (con la Direzione generale per la vigilanza sulle autorità portuali, le infrastrutture portuali ed il trasporto marittimo e per vie d’acqua interne e con il Comando generale Capitanerie di Porto) oltre che con Ministero del Lavoro, e il nostro costante impegno per cambiare le cose.

Nei numeri precedenti de La Voce abbiamo approfondito più volte i problemi legati alla formazione e all’occupazione del settore. Ma è giusto ricordare anche le problematiche legate all’accesso anticipato al pensionamento dei lavoratori marittimi. A partire da gennaio 2014 la normativa che regola l’accesso alla pensione per i lavoratori marittimi è stata modificata. È stato infatti aumentato il requisito anagrafico previsto per la pensione di vecchiaia anticipata del marittimo adibito al servizio di macchina e di stazione radiotelegrafica di bordo. I vecchi requisiti (55 anni di età per le donne e 60 anni per gli uomini), in vigore fino al 31 dicembre 2013, sono stati sostituiti da quelli previsti dal regolamentato di armonizzazione dell’Inps. Per tutto il resto del personale marittimo che non può usufruire della pensione di vecchiaia anticipata, per esempio i marinai, l’età per andare in pensione è quella prevista per tutti i lavoratori dalla riforma Fornero.

Da queste premesse è facile capire come, per i lavoratori marittimi, uno strumento che riconosca dei benefici pensionistici è in molti casi necessario. Sebbene ci siano delle normative che riconoscono la possibilità di aumentare l’assegno di pensione o anticipare il ritiro dal lavoro, per un motivo o per un altro il marittimo non si trova davanti una strada percorribile.

È questo il caso dei benefici previsti per i lavoratori che hanno lavorato per un periodo di tempo in luoghi esposti alle particelle di amianto. Per la categoria il problema nodale è l’impossibilità della presentazione, a corredo delle domande, del curriculum lavorativo che l’art. 3, comma 3, del d.m. 27 ottobre 2004 pone quale condizione per l’avvio dell’istruttoria per il riconoscimento dei benefici amianto. In base all’ art. 2, comma 2, del d.m. 27 ottobre 2004, infatti, tale curriculum lavorativo rilasciato dal datore di lavoro deve contenere: l’indicazione dei periodi temporali di occupazione del lavoratore, le mansioni espletate, il luogo dell’attività lavorativa e l’attestazione dell’adibizione del lavoratore ad attività di manutenzione e riparazione di impianti e macchinari contenenti amianto.

Ora, per quanto riguarda l’organizzazione del lavoro a bordo delle navi, l’estrema mobilità del marittimo durante la sua carriera dovuta al frequente alternarsi di periodi di imbarco e di riposo, come i frequenti trasferimenti da una società di navigazione a un’altra, l’aver svolto attività su navi battenti bandiera estera (i cui periodi sono esclusi dalla certificazione), l’aver operato al servizio di navi ormai cessate o di armatori nel frattempo falliti pongono dei seri problemi all’applicazione al lavoratore marittimo della “legge sull’amianto” Pertanto, è facile dedurre che l’estratto matricolare o il libretto di navigazione, che vengono vidimati dalle capitanerie di Porto, rappresenterebbero la sola e semplicissima soluzione al problema.

Basterebbe una piccola postilla alla regolamentazione; cosa questa che, valutando l’operato delle precedenti amministrazioni investite del problema, sembra impossibile. Stesse incertezze si registrano nel caso delle condizioni per il riconoscimento del lavoro usurante.

La tabella A allegata al decreto legislativo 11 agosto 1993 n. 374 individuava tra le categorie dei lavori usuranti anche i marittimi imbarcati a bordo, indicazione poi non riportata nel successivo decreto ministeriale 19 maggio 1999, n. 208. Con il decreto legislativo 67 del 2011 si conferma l’esclusione del lavoro marittimo dalla categoria dei lavori usuranti.

Per questo, eravamo riusciti a ottenere la sollecitazione del Ministero del Lavoro da parte del Gabinetto del Mit per un tavolo congiunto. Ma da allora tutto tace. Poi, con l’individuazione dei lavori definiti gravosi (Ape social), è stato confermato ulteriormente quanto la categoria dei marittimi sia poco considerata. Un cambio di rotta si è avuto finalmente con il decreto 5 febbraio 2019, il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, in attuazione dell’art 1 comma 153 della legge 205 del 27 dicembre 2017. Tale decreto, ritenuta la necessità di procedere con urgenza a specificare ulteriormente le professioni che avrebbero potuto beneficiare degli effetti dell’Ape social, ha disposto l’allargamento di questa misura anche alla categoria dei “marittimi imbarcati a bordo e personale viaggiante dei trasporti marini ed acque interne”. Attraverso l’inserimento di un allegato A alla legge che ha allargato le categorie di lavoro gravoso, il decreto ha richiamato nella lettera Q, la classificazione Istat 7.4.5 e la sotto-ripartizione tra marinai di coperta/operai assimilati e personale viaggiante. In molte occasioni, in diversi territori, le domande di Ape social di comandanti o direttori di macchina che hanno un’altra classificazione Istat non sono state accolte, e non sempre il rigetto viene motivato. Per questo abbiamo evidenziato la problematica richiedendo un incontro a tutte le parti interessate: Ministero del Lavoro, Inps e dicastero dei Trasporti. Con il decreto 5 febbraio 2019 il Ministero del Lavoro ha riconosciuto il lavoro marittimo come gravoso 22 N. 4 - Aprile 20

 

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