07-01-2019
LIVORNO. «Da quel grande comunicatore che è, nell’intervista al Tirreno Vincenzo Onorato coglie al volo la chance per risolvere un problema suo. Dev’essersi accorto che il piano di investimenti da 100 milioni di euro con cui l’ha spuntata nella privatizzazione della Porto 2000 non sta in piedi: non può essere ripagato. Un investimento da 100 milioni ha bisogno di un flusso di cassa di 10 milioni annui. Ma per farlo bisogna contare su 100 milioni di fatturato annuo. Solo che c’è un problema: la Porto 2000 fattura a malapena un decimo. Mettiamo che con un colpo di bacchetta magica tutto il fatturato che noi Grimaldi generiamo sulla Sponda Ovest lo potesse prendere la Porto 2000 e se per magia diventasse utile, lo sa quanto ci vorrebbe a Onorato per ammortizzare l’investimento? Cinquant’anni anziché un secolo».
Costantino Baldissara, classe 1967, che in Grimaldi è direttore commerciale e delle operazioni, va al contrattacco: non ci sta a vedersi mettere sulla graticola. Meno che mai a Livorno: porto strategico nella geografia di Grimaldi (lo dice perfino Onorato…), quartier generale di Sintermar della quale Baldissara è amministratore delegato.
Il manager snocciola quel che significa «Grimaldi a Livorno e Livorno per Grimaldi»: 1.800 scali, 400mila auto, 280mila trailer e 600mila passeggeri. Al tirar delle somme, «35 milioni di nostre spese nel porto di Livorno con un indotto di almeno 90: siamo il cliente numero uno».
Ma Onorato ha detto al Tirreno anche che l’ok a voi sulla Sponda Ovest è un precedente che consentirebbe a ciascun operatore di sbarcare a Livorno e farsi la sua mini-stazione così che il suo investimento da 100 milioni in una nuova stazione passeggeri sarebbe svuotato…
«Non è possibile né tecnicamente né materialmente che chiunque arrivi si faccia la sua stazioncina: non ci sono né aree né banchine disponibili, e lui lo sa benissimo. È il piano d’impresa della Porto 2000 che non sta in piedi, non il fatto che siamo sulla Sponda Ovest. Lui ha deciso liberamente di investire 100 milioni per fare una stazione marittima, mica gliel’ha ordinato il medico».
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Quelle aree sulla Sponda Ovest sono al centro dell’attenzione della Procura. Ma prima ancora di vederlo con gli occhi della magistratura, cosa sta accadendo sulle banchine livornesi dal punto di vista di questa guerra fra voi Grimaldi e gli Onorato?
«Non credo che i problemi del porto di Livorno siano figli di una guerra commerciale, chiamiamola così…».
Una guerra senza requie e senza risparmio, in realtà…
«Una guerra commerciale si “combatte” con gli uomini che vanno per strada a raccogliere i contratti. Non esiste nessuna “guerra”, così la definisce lei, con il gruppo Onorato se non quella fisiologica fra imprese concorrenti…».
La definiscono così tutti: una “guerra”, mettiamoci le virgolette, fra due grandi dinastie dell’armamento.
«Quest’idea dello scontro fra due grandi famiglie non mi appartiene: è una strumentalizzazione, non corrisponde al vero. Fare la guerra a chissà chi non è il mio mestiere».
In realtà, non è una invenzione giornalistica questa sorta di “guerra mondiale delle banchine”. Si potrebbe avere il sospetto che fra due giganti ci sia spazio “industriale” solo per uno e dunque ciascuno combatte per la propria sopravvivenza…
«Ma sono i dati a dimostrare che questo scenario non ha fondamento. Grimaldi non ha sottratto fette di traffico al nostro concorrente: abbiamo generato nuovo traffico e fatto crescere il volume dei traffici del porto di Livorno».
E a terra?
«Si è raggiunto un certo qual equilibrio per cui ognuno opera nelle proprie aree. Anche se, detto per inciso, noi siamo un po’ sacrificati nelle nostre quattro banchine».
Stiamo parlando degli accosti sulla Sponda Ovest in radice di Darsena Toscana.
«Le dico la verità: non saprei spiegarmi dov’è il problema di quegli accosti. Abbiamo operato nel rispetto della legge e delle regole del porto. Nel gennaio dello scorso anno abbiamo presentato domanda di concessione di lungo termine (4 anni), abbiamo investito milioni di euro per acquistare partecipazioni in Sintermar dove siamo presenti con Neri e una partecipazione della famiglia Fremura. Stiamo comprando aree…».
Dove?
«Ad esempio, l’ex fabbrica multinazionale Trinseo».
Perché insiste su questo?
«È la dimostrazione che non siamo interessati a rapporti a breve termine con un porto come Livorno: niente logica del mordi e fuggi, non siamo qui per acchiappare un affare e sparire».
Belle parole, ma di belle parole è lastricata la via dei guai: figuriamoci le banchine del porto…
«Non sono chiacchiere, lo dico esprimendo una logica d’impresa: le operazioni a breve generano costi extra che, ad esempio, sugli affitti sono il 50% in più, niente possibilità di fare ammortamenti né di avere finanziamenti”.
Torniamo al caso specifico di quelle aree contestate.
«Posso rispondere del periodo Sintermar-Sdt. A un certo punto, l’operatore che gestiva le aree le ha lasciate: se ne è occupata Sintermar, nostra partecipata. Appena ha visto Sintermar arrivare, la Tdt ha cominciato a reclamarle per sé».
Dal litigio è nata però un’alleanza.
«Sì, abbiamo unito le forze in Sdt. In attesa che la società venisse autorizzata, è stata fatta richiesta di occupazione temporanea. Non c’è nulla di strano così come non è affatto strano che sia l’armatore a dire chi è l’operatore».
Nel frattempo, l’istituzione portuale cosa ha fatto?
«L’Authority ha avviato l’iter. Guardi che con loro abbiamo sempre avuto un rapporto conflittuale perché volevamo più spazi e non c’erano. In questo caso non hanno fatto altro che applicare la legge: sono solidale con loro. Anzi, guadagnandoci qualcosa: lo Stato ha preso 300mila anziché 200mila per quell’occupazione. Ditemi voi il reato dov’è».
Questo lo stabilirà la magistratura. Quanto c’è il rischio che quest’ “incendio” si contagi di banchina in banchina e sia materia buona per far girare gli avvocati più che le gru o le ralle?
«Onorato fa il suo lavoro con Ltm e Porto 2000, noi siamo un po’ relegati: ma ognuno ha il suo. Sotto questo punto di vista credo che il problema non sussista».
E il futuro?
«Ben venga la Darsena Europa: lo diciamo anche noi che non facciamo contenitori».
Sembra tifo un po’ così.
«No, interesse da imprenditori: lo spostamento del terminal contenitori nella maxi-Darsena libererebbe spazi in Darsena Toscana che potrebbero essere la manna per le autostrade del mare. Ma c’è di più: la fase 2 della Darsena Europa prevede un nuovo terminal anche per le autostrade del mare: noi ci siamo già fatti avanti, disposti a investire decine e decine di milioni di euro».
Ma qui il problema è oggi.
«Io sono per la legalità. Attenzione però che qui è in gioco il futuro di cento addetti. Ci dicessero cosa dobbiamo fare per rendere questa struttura idonea e lo facciamo: abbiamo speso un milione di euro, avrebbe dovuto farla lo Stato. Ci siamo sostituiti allo Stato d’accordo con lo Stato e lo Stato ci sequestra la struttura che al 30 agosto avrebbe dato lavoro».
A quanto pare di capire, però, la questione ha radici lontane: bisogna tornare indietro più di dieci anni.
«Sembra di poter ricostruire che l’esposto all’origine del caso giudiziario possa risalire al 2016…».
Sorpresa: in quel’epoca la Ltm non era di Onorato…
«Esatto, e se fosse il 2016 guardacaso sarebbero passati cinque anni da quando Ltm aveva lasciato l’area. Quell’area con le concessioni temporanee era stata concessa a Ltm forse una quindicina di anni fa: c’era da dare spazio a Ustica Line e a Strade Blu, solo successivamente entriamo in scena noi di Grimaldi, la Ltm che era anche dei portuali fu autorizzata con concessioni temporanee a utilizzare quelle aree. Se mai ci fosse qualcosa di poco regolare, quel qualcosa sarebbe cominciato prima. Magari prescritto. Ma reale».
Come se ne esce?
«Con la concessione a lungo termine. Speriamo che l’Authority abbia la forza di mettere a gara questa concessione. Queste navi hanno dimensioni tali che non ci sono alternative: o vanno lì o vanno lì». —
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