12-07-2019
Le conseguenze della Brexit sullo shipping mondiale
di Francesco Di Fiore coordinatore ispettori ITF
Si trascurano i grandi cambiamenti che avanzano che, se non governati, rischiano di spazzare via la nostra marineria
La Brexit desta molte preoccupazioni sul piano economico, fnanziario e dell’impiego. Il timore è che un’uscita del Regno unito dall’Unione europea che non sia concordata con quest’ultima, fnisca per produrre conseguenze negative per ambo le parti. La struttura londinese di Itf, la Federazione internazionale dei lavoratori dei trasporti a cui Fit-Cisl aderisce, ha al proprio interno un numero elevato di addetti provenienti da molte parti del mondo e quindi i responsabili si sono attivati con le autorità competenti per cercare di capire cosa avverrà in futuro rispetto all’impiego di personale non britannico. Apparentemente sembra non vi siano grossi problemi, in particolare per coloro che da tempo, pur non essendo cittadini britannici, operano all’interno di Itf. Meno chiara è la situazione di coloro che dovessero in futuro essere assunti. Per contro, non desta preoccupazione la permanenza saltuaria presso Itf per gli ispettori chiamati a fare corsi di formazione. L’incertezza creata dall’uscita senza accordo, com’è noto, ha creato situazioni di rischio per molte strutture economiche e finanziarie, che hanno già lasciato il Regno unito per trasferirsi sul continente. Analizzare le ripercussioni sul versante marittimo è più difficile. Abbiamo per esempio la struttura tecnica e gestionale di Msc Crociere basata a Londra con molto personale non Uk ma non sappiamo con certezza come quella collocazione si evolverà. Certo è che, dopo tre anni di crescita, la fotta registrata nel Regno unito ha subito una flessione dell’1%. Non è chiaro ancora se il fenomeno sia legato alla Brexit oppure se riflette un trend che sembra avanzare in alcune realtà, se non altro per le turbolenze legate alla guerra dei dazi. Citiamo un dato che riguarda la fotta controllata da interessi greci ovvero la prima fotta al mondo. Infatti, Il Greek Shipping Cooperation Committee basato a Londra ha verifcato che dopo 10 anni per la prima volta la flotta formata da 4.017 navi è scesa nel 2018 di 131 unità. Del resto non è un buon segno se la P&O Ferries ha deciso di passare tutte le sue navi che operano nel canale della Manica in bandiera cipriota, come se potessero esservi misure restrittive per la bandiera inglese da parte della Ue. Chiaramente la Brexit sta creando anche all’interno del mondo sindacale marittimo inglese molte preoccupazioni. L’ultima grave situazione è derivata dalla decisione di Maersk Line di non utilizzare più allievi inglesi. Questa scelta della più grande fotta container del mondo mette in crisi non solo il posto di lavoro per questa categoria, ma anche le posizioni di grado più elevato nella marineria inglese, oltre naturalmente a molte professionalità nel cluster marittimo. Non tutti gli operatori concordano con questa visione pessimistica e citano iniziative che sviluppano la richiesta di allievi, come ad esempio iniziative del Governo per il sostegno economico all’imbarco di allievi, così come l’impegno di società come Carnival UK, Shell e BP che si sono impegnate a creare 450 posti aggiuntivi per quella categoria. Ci sono aree di impiego come le crociere, le LNG oppure i superyachts che sono in via di sviluppo. Nei prossimi anni le crociere avranno bisogno di 200mila nuovi addetti di diverse categorie. Per questo, il sindacato inglese Nautilus preme per sottolineare come i certificati di competenza rilasciati nel Regno unito riflettano una preparazione avanzata ed efficiente e quindi siano più appetibili per gli armatori. La riflessione che sorge spontanea a noi della Fit-Cisl è che gli inglesi si stanno muovendo con una analisi e una visione più ampia ed allargata al mondo, mentre in Italia perseveriamo con la nostra visione un po’ troppo provinciale perdendo opportunità future per i nostri giovani. Il guaio è che di fatto ormai da un po’ di anni non esiste un’interlocuzione concreta e costruttiva tra le parti sociali e i vari Governi, per non parlare poi dell’assenza di un ministero specifico come vi è in altri paesi. In Inghilterra il Ministro per lo Shipping è la signora Nusrat Ghani che è impegnata a elaborare un progetto del Governo che fissa il programma per la marina mercantile sino al 2050. Un progetto che tiene dentro ipotesi di sviluppo delle economie, flussi di traffico, nuove tecnologie e molto altro. La Ministra Ghani ha anche finanziato con notevoli risorse un programma di inclusione delle quote rosa ai vari livelli sulle navi. Non va trascurato, rispetto ai riflessi dell’automazione sul numero dei componenti l’equipaggio, lo studio della World Maritime Academy fnanziato da Itf, che ritiene che nei prossimi 20 anni ci sarà una evoluzione piuttosto che una rivoluzione (quindi un impatto non drammatico per il lavoro marittimo), pur tuttavia viene valutata una riduzione del personale a bordo di circa il 22%. Nello studio presentato recentemente da Schroder Hinrichs, ricercatore della World Maritime Academy, si evidenzia come le categorie meno colpite saranno gli ufficiali di macchina e coperta, i comandanti e i piloti, mentre molti ratings saranno a rischio. Parliamo di fenomeni che si svilupperanno in un lasso di tempo non breve, quindi anche in Italia avremmo tutto il tempo di orientare opportunamente la formazione ed evitare di creare aree di disoccupazione tra i marittimi. Si parlava prima di dialogo e confronto con le istituzioni quale strumento per affrontare i cambiamenti. Il provincialismo e la strumentalizzazione, non certo da parte del sindacato confederale, portano a ridurre il tutto a un confronto a distanza tra due armatori centrando l’attenzione sul solo Registro Internazionale che andrebbe modificato per sviluppare occupazione. Non ci si rende conto che già oggi molti armatori riprendono il cammino verso la bandiera estera come le 11 navi passate recentemente a Malta. Si trascurano quindi i grandi cambiamenti che avanzano che, se non governati, rischiano di spazzare via la nostra marineria. Per sottolineare come in altri paesi invece ci si muova per tempo, ritorniamo da dove siamo partiti, ovvero alla Brexit. Poiché può avere riflessi notevoli sull’occupazione marittima britannica, si è aperto un tavolo di confronto tra la Ministra allo Shipping, Nusrat Ghani, il Presidente della britannica Chamber of Shipping, Bob Sanguinetti, e il Segretario generale del sindacato Nautilus, Mark Dickinson. Anzitutto hanno affrontato il problema del riconoscimento dei certificati di competenza inglesi. Subito la Ministra ha inviato messaggi in questo senso ai Governi di Olanda, Malta, Cipro, Grecia, Danimarca ove si trova molto personale britannico. Inoltre, la Ministra si è impegnato a scrivere a tutti coloro che hanno certificati in scadenza nei prossimi 12 mesi indicando loro che le autorità competenti, compresa la Coast Guard Agency, sono state informate circa il rinnovo. Infine, verrà istituita una linea telefonica e una casella di posta elettronica cui tutti i possessori di certificati potranno rivolgersi avendo precedenza per domande, problemi e via elencando. Potremmo proseguire su altri punti ma crediamo basti questa parte relativa ai certificati per far capire come ci si dovrebbe muovere su questioni fondamentali per chi va per mare.
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