Il Fatto...
10
aprile 1991, il traghetto
passeggeri Moby Prince
lascia gli ormeggi alle ore
22.03 dalla banchina del
porto di Livorno,
destinazione Olbia...
Il mare era una tavola e chiunque guardasse l’orizzonte antistante il porto poteva vedere nitidamente alcune navi ormeggiate nella rada e il Moby Prince, tutto illuminato, che iniziava la sua traversata per la Sardegna.
Sembrava una tranquilla notte di primavera, una delle solite traversate che l’equipaggio del Moby Prince stava affrontando. I passeggeri si stavano preparando alla notte, ognuno con i suoi pensieri, speranze, aspettative, sogni.
Ma qualcosa ha cambiato il destino di 140 persone e quella notte il Moby Prince da confortevole mezzo di trasporto diventa una bara incandescente.
Qualcosa
di misterioso che ha fatto
si che oltre un centinaio di
persone, tra passeggeri e
membri dell’equipaggio, si
trovasse riunito nel salone
principale della nave. Poi
lo schianto con la
petroliera, Agip Abruzzo, il
petrolio che ha innaffiato
il Moby Prince, le fiamme
che hanno circondato il
traghetto. Dentro a quel
salone la disperazione deve
essere stava enorme, ma
c’era la speranza che i
soccorsi sarebbe arrivati
quanto prima...
I soccorsi arrivano, ma sono tutti per la petroliera, dove nessuno dell’equipaggio fa qualcosa per il traghetto in fiamme, né tanto meno comunica a chi di dovere della sua esistenza.
Dopo ben un’ora e mezzo qualcuno dei soccorsi individua il Moby Prince, e poco dopo l’unico sopravissuto, il mozzo Alessio Bertrand, viene recuperato e dice che ci sono ancora persone sulla nave.
Pur
nell’evidenza del traghetto
in fiamme e con le prime
testimonianze del Bertrand,
i soccorsi continuano ad
essere dirottati sulla
petroliera e così le
speranze di 140 persone
vengono ridotte in cenere.
Alle 2 del mattino dell’11 aprile un marinaio di un rimorchiatore sale sulla poppa del Moby Prince e aggancia un cavo. Le lamiere sono calde, ma non incandescenti, una prova che, se i soccorsi fossero arrivati per tempo, tante persone si sarebbero salvate.
Ma i soccorsi schizofrenici, disordinati, inconcludenti, sono solo un capitolo di tutta la vicenda. La nebbia, tirata in causa fina dalle prime ore dal Comandante del Porto, l’ammiraglio Sergio Albanese, si è poi diffusa su indagini e processi, portati avanti senza una logica e con imputati di secondo ordine. Alcune parti civili, in particolare i familiari della nostra associazione, già a suo tempo avevano tentato di dare un contributo costruttivo alla ricerca della verità. Ma a quanto pare i percorsi erano scritti da tempo, forse anche prima della collisione.
Dopo la sentenza del processo d’appello del 1997, che decretava la chiusura definitiva della vicenda processuale del Moby Prince, le speranze di giungere alla verità erano diventare irrisorie, ma in fondo tutti noi covavamo la speranza che qualcosa di sarebbe prima o poi mosso.
La presenza, quella notte nella rada di Livorno, di navi “americanizzate” cariche di materiale bellico, rimaneva un tarlo nella mente di alcuni di noi. Angelo Chessa e l’avvocato Carlo Palermo, già illustre magistrato, famoso per tanti processi contro la mafia ed il traffico d’armi, rivisitano le carte processuali. Dopo quasi due anni di lavoro, Carlo Palermo prepara una corposa istanza di richiesta di riapertura delle indagini, che riprende tanti spunti lasciati cadere durante la fase investigativa e la successiva fase processuale. In particolar modo evidenzia che quella notte nel porto di Livorno, mentre il Moby Prince lasciava gli ormeggi e usciva dal porto, stava avvenendo una importante movimentazione di materiale bellico, ovviamente non autorizzato.
Depositata
ad ottobre scorso, pochi
giorni dopo il Procuratore
reggente, Antonio Giaconi,
esprime il suo parere
positivo e così riapre il
fascicolo. Speriamo che
tutto ciò sia solo l’inizio
di nuove indagini e di un
nuovo processo con imputati
“veri”, che dovranno
rispondere sui fatti
accaduti, senza se e senza
ma.
Non sappiamo quali saranno i tempi necessari per svolgere le nuove indagini, ma non importa, adesso possiamo aspettare. Come associazione di familiari continueremo a dare il nostro contributo, con passione e dedizione, con l’unico scopo di sapere veramente cosa è successo quella notte nella rada di Livorno. Il nostro impegno è certo legato all’affetto per i nostri cari, morti in un modo così tragico, ma ancor di più ad uno spirito di giustizia che deve animarci in primo luogo come cittadini. Non possiamo ulteriormente subire le ingiustizie che continuano a perpetuarsi nel nostro Paese. Ci sono tantissime stragi, come la nostra, che ancora chiedono giustizia. Siamo un Paese dove, a quanto pare, la sovranità nazionale è una mera illusione!
Per questo l’associazione 10 APRILE, pensata e costituita da familiari delle vittime, è aperta a tutti i cittadini che desiderano dare il loro sostegno per una battaglia di giustizia. Più siamo numerosi, maggiore è anche il peso che possiamo avere.
Con questo scopo è nato il sito che dovrà essere il punto di riferimento dell’associazione, sia per i familiari delle vittime del Moby Prince, sia per tutti coloro che vorranno dare il proprio contributo (morale, affettivo, materiale, monetario, ecc).
Luchino Chessa