Camogli - La
“flotta” Costa più forte della
pioggia. Trecento lupi di mare
invadono Camogli, teatro del VII
raduno dell’“Eugenio C. club, e
il sole giunge, inaspettato, a
suggellare i loro abbracci, le
pacche d’affetto, le strette di
mano. Così sul Rivo Giorgio, tra
una lista di focaccia e un
bicchiere di “bianco”
(l’assessore Tino Revello,
“regista” logistico della
rimpatriata, ha coinvolto Ascot
e focaccerie del lungomare), il
trombettiere della banda, Nicolò
Marchetti, 20 anni, chiama a
raccolta con brevi squilli
l’allegra brigata. Monsignor
Giacomo Martino celebra la
messa, benedice le medaglie
d’oro di lunga navigazione e
invita tutti a recitare l’Eterno
Riposo per i caduti in mare
mentre, sulle note del Silenzio,
Pio Costa, in rappresentanza
della famiglia, lancia tra le
onde una corona di foglie di
quercia. In via Garibaldi
s’intrecciano racconti di vita.
Agostino Peragallo, di Camogli,
70 anni: «Sono entrato nella
Costa come piccolo di camera nel
1956 e ho chiuso nel 1970 come
barman. Servivo Negroni e Gin
Fizz. Ritrovarsi è un’emozione
unica». Aristide Martelli, 77
anni, da Monterosso: «Ho
lavorato per la Costa dal 1966
al 1983, sempre sull’Eugenio C.
Cameriere e capo ponte. Mi
ricordo Silvana Pampanini e
Adolfo Celi». Mario Terenzio
Palombo, 68 anni, è legato a
doppia mandata con Camogli:
«Papà Francesco, comandante del
pinco-goletta “Nettuno”,
accompagnò mamma Renata a
partorire a Savona via mare e ci
riportò indietro allo stesso
modo. Avevo due settimane. Ho
studiato al nautico Colombo.
Sull’Eugenio C. ero comandante
in seconda. Passavo sotto la
Casa dei Marinai, dove mio padre
viveva quando era anziano, e lo
salutavo facendo fischiare la
sirena e sventolando la
bandiera». Pellegro Ogno,
camogliese, 69 anni, è stato
bottigliere sull’Eugenio
C