
MARITTIMI
PIRATERIA SOMALA
INSORGONO LE FAMIGLIE DEI MARITTIMI OSTAGGI DEI
PIRATI
Chi resta a casa, ad attendere il ritorno dei propri
cari prigionieri in Somalia, comincia a realizzare
che come prima cosa non serve a nulla starsene buoni
e sorbirsi le chiacchiere propinate loro dai
rappresentanti dei propri governi. E’ chiaro che si
deve quanto più è possibile sensibilizzare
l’opinione pubblica sulla vicenda anche attraverso
manifestazioni di protesta.Continuano, in varie
parti del mondo, le proteste dei familiari dei
marittimi ostaggi dei pirati somali contro
l’immobilismo dei loro rispettivi governi. Un
segnale questo, di un forte e crescente malessere
tra i familiari dei marittimi ostaggi dei pirati
somali. A protestare in questi giorni le famiglie
dei sei marinai indiani ancora prigioniero in
Somalia. Si tratta di parte dell’equipaggio della
‘MV ICEBERG 1’ battente bandiera di Panama e di
proprietà della compagnia marittima ‘Iceberg
International LTD’. La nave è stata catturata dai
pirati somali il 29 marzo del 2010 e non è stata
ancora rilasciata. I loro familiari sono in preda
alla disperazione specie dopo che il governo indiano
ha chiaramente detto che non pagherà alcun riscatto
per ottenere, dai pirati somali, il rilascio dei 6
connazionali tenuti in ostaggio. Le famiglie di
questi marinai, ostaggi ormai da oltre un anno, per
l’ennesima volta sono scese a protestare per le vie
della capitale indiana New Delhi e a chiedere al
governo indiano un'azione immediata atta a ottenere
il rilascio dei loro cari. Chi resta a casa, ad
attendere il ritorno dei propri cari prigionieri in
Somalia, comincia a realizzare che come prima cosa
non serve a nulla starsene buoni e sorbirsi le
chiacchiere propinate loro dai rappresentanti dei
loro governi. E’ chiaro a tutti che si deve quanto
più è possibile sensibilizzare l’opinione pubblica
sulla vicenda anche attraverso manifestazioni di
protesta. Per primi lo hanno capito i familiari dei
marittimi della MV SUEZ. La loro protesta gli ha
permesso di riabbracciare i loro cari dopo oltre 10
mesi di prigionia. In meno di tre mesi la loro
vicenda si è risolta. Ovviamente pagando un
riscatto. Le prime manifestazioni di protesta di
familiari di marittimi ostaggi dei pirati somali si
sono infatti, registrate lo scorso mese di marzo.
Quando a protestare furono in India i familiari dei
membri dell’equipaggio della ‘MV SUEZ’, catturati il
2 agosto del 2010 nel Golfo di Aden e rilasciati
solo lo scorso mese di giugno dietro il pagamento di
un riscatto alla gang del mare che li tratteneva in
ostaggio. Un ritorno a casa che dimostra che se le
trattative sono condotte con capacità e si decide di
pagare, si riesce a riportare a casa i lavoratori
del mare prigionieri in Somalia. I pirati somali,
come dimostrano le vicende della SUEZ e della
ICEBERG, sono disposti a tenere nave e uomini in
ostaggio anche dei mesi se in cambio del loro
rilascio non ottengono il pagamento di un riscatto.
E’ questo infatti, l’unico scopo per il quale i
moderni filibustieri abbordano e catturano navi nel
mare del Corno d’Africa e nell’Oceano Indiano. A
trattare per il rilascio degli uomini e delle navi
catturate sono le stesse compagnie marittime
proprietarie dei battelli. Anche i governi dei Paesi
da cui provengono i marittimi catturati sono
coinvolti nella vicenda. Spesso sono proprio
quest’ultimi che pagano la somma concordata per il
rilascio di nave e uomini. Sono molti però, quei
governi che invece, si rifiutano di farlo e lasciano
a marcire i propri connazionali in terra somala.
Altri invece, hanno cercato di reagire con il pugno
chiuso, compiendo anche blitz militari, ma alla fine
hanno dovuto desistere di fronte alla determinazione
e spietatezza dei pirati somali. Nel 2010 gli
ostaggi caduti nelle mani dei pirati somali avevano
raggiunto il numero record di 1181 marittimi.
Attualmente sono circa 500 quelli prigionieri in
Somalia e sono tutti stranieri di diverse
nazionalità. Solo il 10 per cento di essi provengono
da Paesi OCSE. Mentre sono almeno 34 le navi che
sono ancora trattenuti in ostaggio dai pirati in
Somalia. Il numero delle imbarcazioni arrembate dai
pirati somali nei primi mesi del 2011 ha superato di
molto quello dello stesso periodo dello scorso anno.
Un trend in crescita che fa temere che quello del
2010, già superiore del 10 per cento rispetto a
quello del 2009, possa ulteriormente crescere. Tutto
questo rende i pirati somali sempre di più una
pericolosa minaccia. Tra gli ostaggi dei predoni del
mare anche una coppia di sudafricani, nelle loro
mani da oltre 8 mesi, e una famiglia danese, padre,
madre e tre figli minori, di età compresa tra 12, 14
e 16, in mano ai pirati somali da oltre quattro
mesi. Si tratta di liberi cittadini che da turisti
stavano navigando nel mare dei pirati a bordo di
barche a vela. A causa dell’intransigenza dei loro
governi di entrambi non si conosce più il destino.
Prigionieri in Somalia ci sono anche 11 marittimi
italiani. Si tratta di parte dei membri degli
equipaggi di due navi italiane, ‘Savina Caylyn’ e
‘Rosalia D’Amato’cadute nelle mani dei pirati somali
rispettivamente l’8 febbraio e il 21 aprile scorsi.
Sulla loro vicenda è calato un silenzio spettrale,
mentre i loro armatori continuano a tergiversare e
il governo non sa come togliere le castagne dal
fuoco. L’ultimo contatto con la Rosalia risale al 23
giugno, mentre con la Savina al 18 giugno.
L’attenzione dei media sul fenomeno è limitata e a
volte criticata. Per molti, armatori in testa, ogni
notizia in merito che viene pubblicata serve solo ad
aiutare i pirati a premere per ottenere un maggiore
riscatto. Accuse che sono totalmente assurde e
infondate in quanto ormai i pirati hanno un loro
listino prezzi. Essi in base alla ‘preda’ catturata
e al Paese di bandiera e alla compagnia marittima
proprietaria della nave quantificano il riscatto. Un
riscatto che varia dai 3,5 mln di dollari per un
peschereccio, che poi, passando per i 5 mln per un
mercantile giunge ai 9 milioni per una petroliera.
Quella della pirateria marittima è una vera e
propria piaga che colpisce la rotta commerciale che
unisce l’Asia con l’Europa. Nessun Paese ne è
rimasto immune e ne ha mai riottenuto indietro gli
ostaggi senza non aver pagato un riscatto. Negli
ultimi mesi poi, si è registrata un aumento della
violenza da ambo le parti. Soprattutto da parte dei
pirati somali che hanno ucciso almeno 7 membri
dell'equipaggio di navi arrembate e ferito almeno
altri 34. La sensazione è che sia venuto meno quel
codice di condotta che aveva finora mantenuto la
violenza, almeno da parte di pirati somali, al
minimo essenziale.Ferdinando Pelliccia
http://www.liberoreporter.it
09-07-2011
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