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Una vicenda drammatica, poco seguita dai media nazionali, che ci permette di fare una profonda riflessione sui mali del giornalismo nostrano.

Per quanti ancora non fossero a conoscenza dei fatti, ricordiamo che l’imbarcazione battente bandiera italiana Savina Caylyn, è stata sequestrata l’8 febbraio scorso dai pirati somali nelle vicinanze dell’Isola di Socotra nell’oceano Indiano. Sono dunque passati 104 giorni dal sequestro. Stiamo parlando di una caso drammatico, che vede coinvolti 22 uomini dell’equipaggio, 5 italiani e 17 indiani, che da oltre 3 mesi subiscono pressioni dai pirati che, armi in pugno, li trattengono con la forza. L’occasione di questa vicenda ci offre, purtroppo, numerosi spunti per evidenziare i mali del giornalismo italiano.
Giovedì 18 maggio 2011, abbiamo pubblicato l’annuncio dell’ultimatum dei pirati somali, che chiedevano 16 milioni di dollari per liberare i marittimi italiani e la petroliera Savina Caylyn. Regolarmente, ogni volta che veniamo a conoscenza di fatti importanti che riguardano il nostro paese (penso alle varie inchieste su alcune irregolarità nei concorsi dell’Inps, alle novità da noi pubblicate sulla Strage di Bologna, ai fasulli pizzini di Ciancimino junior, alle infinite denuncie sull’usura bancaria e tanto altro) oltre alla pubblicazione sul nostro mensile LiberoReporter e sul portale di news LiberoReporter.it, ci preoccupavamo di spedire il tutto anche alle agenzia di stampa nazionali, ai giornali e ai tg… E perfino alle Procure!
Ovviamente niente di tutto ciò è mai stato pubblicato o rilanciato nel nostro paese. Lo stesso dicasi per la notizia dell’ultimatum. Neppure una velina, all’indomani della pubblicazione in esclusiva sul nostro quotidiano online, è stata pubblicata da quelli che, a torto o a ragione, vengono considerati “i colossi” dell’informazione in Italia.
Bene, fin qui niente di nuovo. Tutto regolare insomma.
Con buona probabilità “i guru” italiani non ci considerano attendibili (o forse troppo), in quanto non partecipiamo al valzer del giro di poltrone della direzione di quotidiani, settimanali, telegiornali e via discorrendo. Un altro buon motivo deriverà dal fatto dell’inesistente nostro presenzialismo nei vari programmi televisivi che inondano gli schermi delle nostre tv, monopolizzate dalle solite facce note del giornalismo nostrano.
In effetti per poter vedere il frutto del nostro lavoro incessante, quello di dare un’informazione corretta, scevra dai condizionamenti delle varie lobby e caste che infestano il nostro paese e che invece condiziona totalmente l’operato dei “grandi”, dovrete fare un’immaginabile fatica: girarvi un buon numero di edicole per riuscire a trovare qualche anima pia di edicolante, che ha avuto l’ardire di tenere il nostro mensile nell’angusto spazio dove è costretto a muoversi, sommerso da una valanga di prodotti editoriali, oppure dovrete lavorare duramente per scovare le nostre inchieste, nella galassia del mondo internettiano.
Funziona così: facciamocene una ragione.
Ma quanto è successo nel caso dell’ultimatum da noi lanciato per il sequestro della Savina Caylyn, ha dell’incredibile.
A distanza di oltre 48 ore dalla pubblicazione nel nostro portale online e dall’invio alle agenzie di stampa, l’agenzia Ansa rilancia una notizia che «apprende» (bastava guardarsi la nostra mail del 18 maggio, per saperlo tanto tempo prima…) da “Il Mattino” sull’ultimatum dei pirati: eccovi uno stralcio della velina dell’Ansa del 21 maggio…
(PIRATERIA: SOMALIA; SEQUESTRO CAYLYN, ULTIMATUM PER ITALIANI PIRATI AD ARMATORE, 16 MLN DOLLARI O NE ABBANDONIAMO A TERRA 3 (ANSA) - NAPOLI, 21 MAG - Sedici milioni di dollari di riscatto oppure tre componenti italiani dell'equipaggio (comandante, direttore di macchina e primo ufficiale) della ''Savina Caylyn'', verranno sbarcati e abbandonati a terra. E' l'ultimatum dei pirati somali che lo scorso 8 febbraio hanno sequestrato la petroliera della società armatrice napoletana Fratelli D'Amato, attaccata a 880 miglia dalla Somalia. La notizia, pubblicata dal quotidiano ''Il Mattino''… XPI 21-MAG-11 18:22 NNN )
La notizia ovviamente è la nostra pubblicata in esclusiva giovedì 18 maggio, che Ansa ha ignorato e che il Mattino ha ripreso con un ritardo spaventoso di oltre 48 ore (chissà se hanno citato la fonte…); naturalmente a seguito della velina della prima agenzia di stampa italiana, altri quotidiani l’hanno riportata fedelmente. Peccato che due ore prima, lo stesso giorno (21 maggio 2011), alle 16,15, usciva nel nostro portale, sempre in esclusiva, la notizia che a “ultimatum scaduto, i pirati somali avevano sbarcato 3 nostri connazionali”, come minacciato nel comunicato fatto leggere agli italiani sequestrati, previa telefonata ai parenti in Italia (riportato nel nostro precedente articolo sull’ultimatum del 18 maggio). E’ ovvio che qualcosa nel mondo della comunicazione (non a caso uso questa parola e non informazione) non funziona. O siamo inaffidabili e quindi meglio non riprendere le informazioni che da noi vengono veicolate o siamo autorevoli e quindi non si capisce perché la notizia sia stata data con un ritardo allucinante, ripresa da Ansa, che aveva ignorato la nostra e rilanciata nell’etere quando i giochi erano ormai fatti.
Una stortura che dovrebbe farci riflettere come lettori e non farci ingoiare acriticamente, tutto ciò che ci viene propinato.
Resta comunque il fatto che dall’imbarcazione, la comunicazione di ieri, ci informava che nulla era stato fatto dall’Armatore e dalla Farnesina, motivo per il quale i pirati, avevano dato seguito alle minacce. Ovvio che non è dato sapere, in quanto ne noi ma neppure la Farnesina, ha uomini sul naviglio per appurare di persona quanto accaduto. La notizia della smentita della sbarco arriva dal Sindaco di Procida e non dalla Farnesina ufficialmente; il Sindaco dichiara che il Ministero degli Esteri lo ha informato che grazie ai rilevamenti satellitari non ha evidenziato alcun movimento di barchini per il trasbordo a terra dei marittimi; ma la viva voce di uno dei sequestrati, perfino infastidito alla domanda se fosse vero che li avessero fatti sbarcare (“E certo che è così, io sono qui e lo vedo con i miei occhi, cavoli!” chiedendo addirittura forme di protesta dei familiari in Italia più esplicite) informava che 3 dei suoi colleghi marittimi si trovavano già lontani dall’imbarcazione dopo lo scadere dell’ultimatum e che quindi avevano abbandonato il suolo italiano nottetempo (quando ci si trova su un’imbarcazione, la nave viene considerata come territorio della nazione per il quale batte bandiera: in questo caso la Savina Caylyn batte bandiera italiana, quindi è considerato suolo italiano) per entrare in territorio somalo (sarebbe meglio dire Puntland, regione semiautonoma della Somalia, assolutamente non controllata da Mogadiscio). Un fatto questo che complica notevolmente la vicenda e che fa correre ulteriori rischi ai nostri connazionali, considerati alla stregua di merci, spendibili, scambiabili e vendibili in quel mercato che è oggi considerata la Somalia, che non ha alcun governo autorevole, in quanto controlla soltanto la città di Mogadiscio (e neppure tutta), seviziata dallo sfruttamento occidentale che ha fatto delle sue coste una pattumiera immensa di rifiuti tossici, invasa dall’islamismo fondamentalista e occulte basi russe. Continuare a cercare soluzioni diplomatiche con i somali per risolvere la vicenda, sappiamo bene che non è la via corretta da seguire, ma può essere utile un domani per farsi belli a vicenda risolta con il pagamento del riscatto, per trincerarsi dietro il solito valzer delle smentite e dei proclami, su quanto siamo stati bravi nel risolvere la faccenda con il paese in questione (che in realtà nulla ha a che vedere con il sequestro, in quanto non ha alcun peso politico nella zona del Puntland) senza aver tirato fuori un solo dollaro… E noi ci crediamo pure ma soltanto per il bene dei nostri marittimi, perché, ricordiamolo, solo quello e soltanto quello ci interessa: che tornino a casa, prestissimo, sani e salvi.

Gaetano Baldi


 


22-05-2011    

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