TIRRENIA: LA CIN. SENZA DI NOI LA COMPAGNIA FALLISCE
L'AD MORACE. IL 30 GIUGNO SCADONO I TERMINI. FORSE C'E' CHI SPERA DI UTILIZZARE GRATIS LE ROTTE
Bianca D’Antonio «Leggo sui giornali di tutto e di più. Commenti di molti che palesemente ignorano la vicenda. Parlano di svendita, di incidenza del costo del carburante per il 10%, di mancanza di continuità territoriale e addirittura c'è chi chiede di liberalizzare il mercato. Ebbene, mi preme fare un po’ di chiarezza». Ettore Morace, amministratore delegato della Cin, la Compagnia italiana di navigazione degli armatori napoletani Aponte, Grimaldi e Onorato, l’unica rimasta in gara per la privatizzazione di Tirrenia, si sforza di mantenere la calma. È la vigilia di una settimana decisiva per il futuro della compagnia pubblica: si saprà finalmente se la società di rione Sirignano salperà sotto le insegne Cin, garantendo la continuità del lavoro a 1.400 dipendenti, o se, invece, scoraggiati ed irritati dalla decisione della Regione Sardegna di mettere in acqua una sua flotta, la cordata si tirerà fuori. Ipotesi, come spiegato anche ieri, non peregrina dopo la decisione della Regione Sardegna di noleggiare due traghetti e, sotto l’egida di Saremar (la compagnia regionale marittima ceduta dallo Stato per essere privatizzata) di fare rotta per tutta l’estate sulla Civitavecchia-Olbia (Golfo Aranci) dal 15 giugno quotidianamente e, dal 20 giugno sulla Savona-Vado (quattro volte la settimana). Il tutto a prezzi imbattibili grazie, a quanto pare, ai contributi regionali. «Non esiste nel cabotaggio un mercato più libero di quello italiano - spiega Morace -: l’offerta di Cin è in assoluta coerenza, anzi leggermente più alta rispetto alla valutazione fatta da Banca Profilo. Il costo dei biglietti è aumentato perché il prezzo del gasolio è quasi triplicato e la spesa per il combustibile in una società come la Tirrenia incide per circa il 40%». Il manager ha argomenti da vendere: «Ricordo che, ove mai andasse in porto la vendita, è prevista la firma di una convenzione con lo Stato che obbligherà la Tirrenia non solo ad effettuare tutti i collegamenti esistenti, nessuno escluso e quindi a garantire la continuità territoriale, ma anche a rispettare le tariffe massime stabilite e addirittura il tipo di nave da impiegare e la frequenza delle rotte». L’iniziativa della Regione Sardegna come una sfida, l’amministratore della Cin non lo nasconde: «A fronte di tutto questo ribadisco che siamo perplessi e stiamo riflettendo sul da farsi. La verità è che la nostra iniziativa è nata da tre dei più grossi armatori al mondo, come un progetto imprenditoriale serio e trasparente che tutelasse le numerosissime maestranze e al tempo stesso facesse rinascere una società storica ed importante come la Tirrenia. Ma, se poi dobbiamo essere accusati di aver fatto un affarone (strano però che nessun fondo d’investimento o altro armatore si sia fatto avanti) e addirittura essere considerati "dei pirati", allora non ce la dessero e noi saremmo pronti ad uscire di scena». La conseguenza sarebbe il fallimento di Tirrenia: «Già - dice Morace - e qualcuno se ne dovrà assumere la responsabilità: ricordo che qualora entro il 30 giugno (termine ultimo stabilito dalla Ue, ndr), non venisse completato il processo di privatizzazione, l’alternativa unica è il fallimento. Paradossalmente questo si risolverebbe in un vantaggio per gli armatori che prenderebbero subito (e gratis) la quota di mercato lasciata scoperta da Tirrenia»