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LO SPEZZATINO TIRRENIA

 

Con la scusa di adeguarsi ai principi comunitari in materia di cabotaggio marittimo e di liberalizzazione delle relative rotte, la società di navigazione Tirrenia e la sua controllata Siremar vengono messe a gara per la privatizzazione; le altre controllate invece vengono trasferite a titolo gratuito da Tirrenia navigazione: la Caremar alla Regione Campania, la Saremar alla Regione Sardegna, la Toremar alla Regione Toscana. Le Regioni poi realizzeranno le privatizzazioni delle rispettive Società con l’affidamento dei servizi marittimi o con l’apertura del capitale ad un socio privato. Per dovere di cronaca, si ricorda che la Regione Sicilia ha respinto il piano per acquisire la Siremar e il commissariamento, anche di quello che rimane della capogruppo Tirrenia, ha bloccato la privatizzazione.
Il Gruppo Tirrenia SpA, controllato dalla Fintecna le cui azioni appartengono al Ministero dell’Economia e Finanze, effettua i servizi di collegamento marittimo con contributi pubblici, a garanzia della continuità territoriale tra le isole italiane ed il continente. Le popolazioni isolane si preoccupano quindi che con la privatizzazione questa continuità territoriale non venga più rispettata.
Oltretutto, l’Unione Europea non ha mai chiesto all’Italia di privatizzare la Tirrenia né tanto meno le società regionali del Gruppo. Infatti, il diritto comunitario riconosce pienamente la necessità, per gli Stati membri, di garantire la coesione territoriale, economica e sociale delle loro isole, permettendo agli stessi Stati membri di stipulare contratti di servizio pubblico e/o imporre degli oneri di servizio pubblico. Dunque l’Italia, a modo suo, ha interpretato l’attuazione del regolamento sul cabotaggio marittimo che in verità riguarderebbe unicamente la procedura di messa in concorrenza e non la privatizzazione della compagnia Tirrenia.
La procedura di privatizzazione è simile a quella attuata per “Alitalia” ma col rischio di risultati peggiori per qualità di servizio e tariffe; infatti la svendita delle società regionali e della Tirrenia potrebbe limitare i diritti fondamentali, sociali, economici ed occupazionali dei cittadini isolani. Il modello di gestione proposto dalle Regioni alla Caremar/Campania, Saremar/Sardegna ed alle isole Pontine/Lazio è quello di una società mista pubblico/privato; per la Toremar/Toscana invece si organizzerà direttamente una gara per una gestione al 100% privata. In tutti i casi l’utilizzo degli strumenti di gestione privatistici rafforzerà le posizioni già dominanti dei privati.
La decisione della Regione Toscana di privatizzare Toremar al 100% e di affidare al vincitore della gara la gestione del servizio per 12 anni ha scatenato vive preoccupazioni tra la popolazione delle Isole toscane e tra i marittimi della Toremar. Da qui un documento dell’Unione dei Comuni e la Conferenza dei Sindaci dell’arcipelago Toscano che, preoccupati per la privatizzazione totale, chiedono alla Regione di prendere in considerazione la costituzione di una società mista pubblico/privato; un documento della Provincia di Livorno chiede anch’esso una società mista che veda la presenza pubblica.5
La situazione che sta vivendo la Toremar non è delle più belle: finanziamenti ridotti, posti di lavoro in bilico, rischio concreto del dimezzamento dei collegamenti; in poche parole meno soldi, meno linee e meno occupazione. Dunque, la privatizzazione avviene in un momento molto difficile e sarà un problema mantenere il servizio universale e la continuità territoriale con le isole toscane, e molto dolorose potrebbero essere le ricadute sui circa 200 marittimi, sia in termini occupazionali che salariali (infatti, di clausola sociale si parla soltanto ma nessuno crede veramente che sul bando di gara ci saranno iscritte le attuali garanzie per i lavoratori).
Così sembrano diventare miraggi le garanzie sul servizio, in primo luogo la sicurezza nella navigazione e negli attacchi, il mantenimento delle attuali rotte, gli orari legati alle necessità del territorio, l’introduzione delle corse notturne, le agevolazioni tariffarie per i residenti, i prezzi contenuti e sociali, una nuova flotta.

         

COSA FARE

I cittadini, i lavoratori devono alzare la testa, pretendere e rivendicare il mantenimento del carattere pubblico della mobilità, di opporsi alle politiche di mercato che tolgono il carattere sociale al trasporto pubblico locale e che stanno polverizzando e distruggendo lo storico trasporto delle Ferrovie dello Stato.
In Europa i lavoratori ed i cittadini, in particolare in Francia, Germania e Belgio, mantengono i loro salari ed i loro diritti semplicemente perché lottano ed hanno lottato contro le liberalizzazioni e le privatizzazioni.
In Italia le responsabilità sono della politica che non ha voluto tutelare (a vantaggio della grande finanza e industria) le proprie aziende e i settori di indubbia importanza strategica per l’intero Paese. Le responsabilità sono anche di gruppi di interesse, comprese le OO.SS., che non hanno saputo rispondere al nuovo, che non hanno compreso che la crisi dello stato sociale è connessa all’assenza di una politica per il Paese capace di imporsi sia in ambito nazionale che internazionale.
Di questo i lavoratori devono essere coscienti per invertire la rotta, farsi sostenitori e portatori di una politica di interesse nazionale, necessaria per risolvere i problemi del lavoro e delle condizioni di vita

05-01-2011        www.pennabiro.it               

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