06-07-2020
Pandemia,
disoccupazione marittima, crisi nel
cabotaggio. Ne parliamo con Raffaele
Formisano Segretario Regionale Campania
della Fit Cisl
Una intervista non programmata fatta davanti al panorama del Porto di Torre del Greco in un incontro causale, con il Segretario Regionale della Campania della Fit Cisl Raffaele Formisano.
Sempre a distanza di sicurezza,
dopo
i saluti di amicizia che ci legano, ho
approfittato per porre alcune domande
sulla situazione del settore marittimo.
Domanda........ Caro Raffaele le
difficoltà economiche che sta vivendo il
settore marittimo
causate della crisi
del Covid-19 sono state
di
una dimensione mai vista in precedenza
in Italia. Il settore marittimo, pur
appartenendo ad un settore che non è
rimasto fermo durante la pandemia,
ancora oggi è in notevole difficoltà.
Abbiamo navi da crociere ferme,
società di cabotaggio che stentano a
ripartire, tantissimi marittimi che in
genere iniziavano a lavorare da marzo
per i loro classici sei mesi all’anno
sono ancora in attesa d’imbarco. Abbiamo
marittimi che non riescono a sbarcare
sempre per causa del Coronavirus che non
permette il cambio equipaggio. Ma a
tutto questo si ritorna a parlare del
Registro internazionale, una legge forse
non capita,
ma
che tanti dicono discrimina
l’occupazione ai lavoratori italiani.
Raffaele Formisano
-
Per comprendere l’esigenza del RI anche
in Italia occorre ricordare che il
trasporto marittimo in termini
concorrenziali è globalizzato e
liberalizzato. Ciò significa che un
armatore può cambiare bandiera nel giro
di poche ore ovvero delocalizzare la
propria attività. Non
esiste alcuna legge che impedisca
simile operazione. Di fronte ad un
mercato così competitivo è chiaro che
l’armatore sposta le proprie navi sotto
bandiere che permettano un forte
recupero sui costi. Si tenga presente
che l’unica variabile nei “Running
costs” della nave è il costo del
personale. Vi sono alcune eccezioni come
il cabotaggio in USA che in base al Jons
Act può esser svolto sola con navi
costruite in USA ed equipaggio
statunitense. La motivazioni sono anche
di ordine di sicurezza del paese.
Negli anni 80 la flotta italiana di
fatto stava sparendo perché in fuga
verso bandiere estere. Per i motivi di
cui sopra l’unica soluzione poteva
essere quella di creare condizioni
appetibili per l’armatore affinchè
facesse rientrare le sue navi in
bandiera italiana. Di qui l’istituzione
del RI e la possibilità di imbarcare una
quota di extracomunitari a condizioni
comunque in linea con le regole ITF.
Tutti i paesi marittimi avevano un loro
Registro di convenienza oppure avevano
trasformato l’intero loro registro in
uno di convenienza.
Oggi sono rientrate circa 750 navi con
tutto ciò che significa per
l’occupazione nazionale pur se parziale
a bordo ed a terra.
Non dimentichiamo per esempio che
la sola Costa Crociere a Genova ha 400
dipendenti a terra , a Napoli la MSC
oltre 1000 dipendenti a terra. Il numero
degli italiani a bordo è enormemente
aumentato in particolare nelle categorie
professionalizzate Non parliamo poi
dell’indotto in quanto per ogni 5 posti
a bordo si crea un posto nell’indotto.
Solo per questo oggi la flotta italiana
strategica per un paese trasformatore
come il nostro ha portato il proprio
tonnellaggio complessivo a circa 15
milioni.
Domanda..........
Intanto c’e’ chi denuncia uno
sfruttamento di lavoratori
extracomunitari sulle navi che battono
bandiera italiana, e quindi per gli
armatori avere prestazioni a basso costo
è un aumento di introiti per le società
di navigazione.
Raffaele Formisano
-...........E’ bene anche ricordare a
chi parla di sfruttamento di
extracomunitari che esiste una
convenzione internazionale MLC 2006 che
regolamenta ogni aspetto dell’attività a
bordo, dall’orario di lavoro alla
malattia, dalle coperture assicurative,
alle ferie al riposo etc, fatto questo
unico a livello lavorativo
internazionale.
Si parlava di costi. A titolo di esempio
diciamo che un marinaio abilitato con
contratto ITF costa (e guadagna) 1800
usd/mese. Un italiano nello stesso grado
costa attorno ai 4500 euro. Per quanto
detto circa la possibilità di un
armatore di cambiare bandiera senza
leggi che lo impediscono diventa
difficile che imbarchi tutti italiani.
Abbiamo parlato del marinaio ma se
parliamo di categorie professionalizzate
come gli ufficiali, in campo
internazionale non esiste differenziale
di costo ed ecco perché oggi i nostri
ufficiali sono nel numero di 3000 nel
gruppo Carnival e 2000 in Princess.
Se poi ne ipotizziamo 4 per ogni
nave da carico si comprende come il RI
abbia incrementato l’occupazione. La
cosa non riguarda solo gli ufficiali ma
anche sottufficiali e personale
qualificato nell’Hotelerie. Nel tempo la
scuola in Italia ha denunciato ritardi
ad adeguarsi alle richieste del mercato
in campo formativo. Ciò non significa
che non ci si debba fare carico in
qualche modo di
posizioni non appetite dal
mercato cosa che come sindacato
confederale stiamo facendo senza inutili
plateali presa di posizione di altri.
Domanda.....
Scusa, ma se non ci fosse il
Registro Internazionale ci sarebbe piu’
occupazione nel campo marittimo?
Raffaele Formisano
Proviamo
a capovolgere la questione ed
ipotizziamo di cancellare il RI o
modificarlo costringendo per la bandiera
italiana di imbarcare tutti italiani. La
risposta dell’armamento sarebbe semplice
e chiara : fuga verso altra bandiera.
Sparirebbero migliaia di posti di lavoro
a bordo, a
terra
e nell’indotto. Il nostro paese
perderebbe il controllo della propria
flotta con grave nocumento alla nostra
economia.
Un sindacato deve muoversi all’interno
di un quadro realistico, evitare di
illudere i marittimi con proposte
oggettivamente non percorribili per i
motivi che sopra venivano indicati. Il
sindacato serio è quello che cerca
soluzioni come noi stiamo facendo
all’interno di regole di marcato globali
che respingiamo ma che non possiamo far
finta che non esistano. Oggi in Italia
trovare soluzioni percorribili è
difficile sia per lo scontro tra gruppi
armatoriali che per l’esistenza di ben
due associazioni datoriali. Il sindacato
confederale a differenza di altri evita
di schierarsi per evitare
strumentalizzazioni ed opera solo avendo
presente gli interessi dei marittimi.
Domanda......... Durante la pandemia tantissimi marittimi sono stati costretti a rimanere a casa, come quelli bloccati sulle navi senza poter tornare a casa, nonostante che il periodo d’imbarco fosse finito. Nei vari decreti fatti dal Governo, per la categoria dei lavoratori marittimi, specialmente per quelli del turno generale, nessun aiuto su ammortizzatori sociali
Raffaele Formisano
- E’ bene ricordare che il numero di
marittimi che operano su navi di
bandiera estera è superiore a quelli in
bandiera nazionale nei traghetti. La
pandemia ha creato un vero dramma in
particolare nel mondo delle crociere.
Parliamo di centinaia di migliaia di
marittimi (noi ci occupiamo anche di
loro) e molte migliaia di italiani
concentrati in Costa, Princess, MSC. La
pandemia ha avuto due conseguenze
deleteria con cui in particolare il
nostro sindacato si è dovuto confrontare
ovvero la chiusura delle frontiere e la
cancellazione dei voli. Questi problemi
abbiamo dovuto affrontarli non certo a
livello del nostro paese ma in campo
internazionale.
Per questo la nostra storica
militanza all’interno di ITF (la
federazione internazionale dei trasporti)
ci ha permesso di centrare obiettivi
importanti. Innanzi tutto in sede IMO
ovvero
l’organizzazione mondiale
marittima abbiamo operato e la IMO ha
prodotto una raccomandazione a tutti i
paesi membri di creare corridoi
preferenziali per il transito dei
marittimi. Non dimentichiamo che oltre
150000 erano bloccati a bordo senza
possibilità di rimpiazzo.
Successivamente il problema è stato
posto da ITF in sede di Nazioni Unite il
cui peso politico verso i paesi membri è
certo maggiore. Per quanto attiene i
voli c’è stato un incontro col
Presidente di ICAO (l’organizzazione
mondiale del trasporto aereo) per
individuare soluzioni alla carenza di
voli. L’ICAO ha anche coinvolto la IATA.
A questo punto c’è da chiedersi quale
sindacato autonomo o associazione ha
potuto muoversi in questa maniera.
Con molti sindacati di altri paesi a
partire da Amosup nelle Filippine
abbiamo sbloccato a Manila lo sbarco dei
marittimi di ben 19 navi da crociera che
stazionavano in rada e fare le
sostituzioni. Per quanto attiene gli
italiani parimenti il nostro sindacato
si è mosso ed abbiamo assieme al
sindacato croato permesso lo sbarco di
oltre 300 italiani da navi Carnival a
Dubronovick.
Potremmo continuare a lungo.
Basti pensare che due giorni fa abbiamo
coinvolto l’unità di crisi della
Farnesina per lo sbarco di alcuni nostri
connazionali da una nave al Pireo.
Per quanto attiene l’indennità di
disoccupazione che sembrava non esistere
per i marittimi in bandiera estera,
abbiamo coinvolto il nostro patronato
INAS a livello nazionale che in
collegamento con Inps ci ha fornito
indicazioni precise e documentate come
in alcuni casi il marittimo possa
ottenere a volte l’indennità di
rimpatrio altre volte la Naspi a secondo
dei casi. Tra l’altro nel documento
confederale nell’incontro col governo
abbiamo inserito la richiesta di
modifica della norma dei 30 giorni per
richiedere l’indennità di rimpatrio.
Siamo in contatto diretto con qualche
migliaio di marittimi e per loro come
per il passato seguiamo caso per caso i
loro Claims. L’anno precedente la
pandemia abbiamo recuperato per i
marittimi indipendentemente dalla
nazionalità oltre 1,5 milioni di dollari
col solo lavoro del nostro ufficio di
Roma. Anche qui è da chiedere cosa
fanno altre organizzazioni autonome.
Occorre fare anche una riflessione sul
lavoro fatto per tutelare al massimo
l’occupazione nazionale.
Domanda...... Un ultima domanda, parliamo di casa nostra,
settore cabotaggio, cosa puo’ succedere con la
globalizzazione nel mondo del lavoro?
Raffaelle Formisano........Abbiamo
spiegato come non certo per volontà
sindacale il trasporto marittimo sia
globalizzato e liberalizzato. Con questa
situazione abbiamo dovuto confrontarci e
non certo in sede nazionale ma in sede
comunitaria visto che la materia in
questo campo è di pertinenza UE. Ci
riferiamo in particolare al cabotaggio
che molti paesi del Nord Europa volevano
completamente liberalizzato. La
discussione è stata difficile ma con
l’aiuto di ETF (la federazione sindacale
europea dei trasporti) di cui solo le
tre Federazioni fanno parte per l’Italia.
Alla fine siamo riusciti ad
ottenere la legge comunitaria 3577 il
cui art.3 fortemente da noi voluto
protegge il cabotaggio e quindi la
nostra occupazione.
Infatti
tutto il traffico con le isole che per
noi è di fatto maggioritario può esser
regolamentato dal singolo governo. In
questo senso ci siamo mossi con la
nostra amministrazione che ha fissato in
10 punti alcune regole. Qualsiasi
bandiera comunitaria può fare per
esempio un collegamento Civitavecchia –
Olbia ma deve avere equipaggio
comunitario, contratto italiano, lingua
italiana etc. In questo modo di fatto
quel traffico vede equipaggio italiano.
L’eccezione riguarda il fatto che
il viaggio sia preceduto o seguito da
una toccata internazionale. In quel caso
è la bandiera della nave che determina
le regole. Un tentativo di modificare la
norma prevista all’art.3 della 3577
è stata bloccata a livello comunitario dai
soliti paesi del Nord Europa che hanno
totalmente liberalizzato il cabotaggio.
Per questi motivi una nave da crociera
di bandiera italiana (Costa) che facesse
crociere cabotiere in Italia dovrebbe
avere a bordo tutti italiani.
Apparentemente è una bella cosa ma come
competere per esempio con MSC che avendo
bandiera maltese non ha simile obbligo e
ripartirà dopo la pandemia con simili
itinerari nazionali. La Costa andrebbe
fuori mercato e certo non potrebbe
ripartire. La società ha chiesto una
deroga per un anno al Ministero per
mantenere a bordo le stesse situazioni
di nazionalità equipaggi che del resto
ha anche MSC. Opporsi certo fa fare
bella figura ma mette fuori mercato una
Società che a quel punto cambierà
bandiera con tutto ciò che significa non
solo per l’impiego a bordo ma anche per
le 400 persone a terra.
Come gia’ detto uno dei motivi per cui ci siamo impegnati per ottenere la 3577 è stato quello di salvare l’occupazione italiana in particolare nelle posizioni basse ove il differenziale con altre nazionalità è enorme. Non è il caso delle posizioni apicali come quella degli ufficiali. Altri paesi si sono da tempo concentrati sulla formazione di categorie professionalizzate ed ora non soffrono le nostre difficoltà. I nautici nel tempo sono stati ridimensionati. Sono poi sorte le Accademie che hanno cercato di supplire. In termini più generali è mancata una vera strategia nazionale che analizzando il mercato fornisse allo stesso le posizioni richieste. Sono processi che abbisognano di tempo per trovare soluzioni per le categorie escluse per esempio attraverso la formazione e quindi un nuovo inquadramento. Nel cabotaggio poi abbiamo la questione della stagionalità di fatto ancora irrisolta con esigenza di personale minore nel periodo invernale. Rispetto ad altri paesi siano in effetti in grave ritardo e questo rischia di ridurre spazio occupazionale per i nostri marittimi.
Bartolo Russo
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