08-09-2020
Marittimi in disarmo, la dura sfida dei prossimi mesi
Sindacato al lavoro senza sosta per dare sostegno agli operatori in difficoltà
A causa del coronavirus il trasporto marittimo, in particolare il comparto delle crociere, ha conosciuto una crisi molto grave con forti ripercussioni anche sugli addetti. Il volume di merci trasportate è calato in forma diretta con il calo delle economie mondiali e la paralisi delle attività produttive. Possiamo misurare il rallentamento riferendoci alle movimentazioni in alcuni porti del mondo: Valencia, per esempio, nei containers è scesa del 10,5%, Shanghai del 6,8%, Los Angeles del 17,1%. Di conseguenza molte navi sono state messe in disarmo e la ricaduta sull’occupazione è stata sensibile, aggravata dal fatto, come vedremo meglio per le crociere, che si è verificata una vera crisi nelle rotazioni del personale di bordo a causa delle iniziative del lockdown assunte da vari paesi, inclusa la chiusura delle frontiere. A ciò va aggiunta la difficoltà delle compagnie di trasporto aereo che di fatto hanno fermato i voli.
Non poter effettuare rotazioni ha significato tenere a bordo il personale persino oltre i 12 mesi massimi previsti dalla convenzione internazionale Mlc 2006. Del resto neppure chi avrebbe dovuto dare il cambio ha potuto raggiungere la nave. Si sono create quindi situazioni anche molto difficili da sostenere psicologicamente per le lavoratrici e i lavoratori. Per creare un corridoio preferenziale per i rimpatri di marittimi abbiamo lavorato molto, assieme a Itf, dialogando con le istituzioni europee e con vari livelli dell’Onu, ma purtroppo tali organismi non hanno inciso come avremmo auspicato sui comportamenti dei singoli Stati. Limitandoci alle navi da carico (vedremo poi le crociere) e in particolare a quelle coperte da contratto Ibf (International Bargaining Forum), va ricordato che il loro numero è di circa 9.500 e impiegano 370mila marittimi circa. Se pensiamo che le navi Ibf rappresentano come marittimi il 30,8% degli 1,2 milioni che la Chamber of Shipping valuta esistere a livello mondiale, possiamo stimare che vi siano 300mila marittimi a bordo ed altrettanti a terra in attesa di imbarco. Gli analisti sostengono che oggi vi siano circa 600mila marittimi in qualche modo coinvolti nella crisi delle rotazioni. In termini più generali, come sindacato, per i marittimi delle navi di nostra pertinenza ci troviamo a dover gestire alcune migliaia di casi di coloro che non riescono a sbarcare e di coloro che sono a terra senza salario e chiedono di imbarcarsi. Non parliamo solo di italiani ma anche di extracomunitari (Non Doms).
Come Fit-Cisl ci facciamo carico anche di molti Non Doms a bordo delle navi italiane di Registro Internazionale sia perché siamo tra i pochi attrezzati per superare le difficoltà linguistiche di chi non conosce l’italiano sia perché questi marittimi scrivono a Itf, che gira anche a noi il problema. I casi debbono esser affrontati al momento, senza dilazioni, in quanto le navi sostano in porto brevemente e il porto successivo può trovarsi in un paese con regole e norme diverse.
Molte problematiche devono esser gestite direttamente con le ambasciate del paese di bandiera della nave e spesso il dialogo è difficile. Altre volte, quando nel dramma delle rotazioni sono stati coinvolti italiani, si è attivata l’Unità di Crisi del Ministero degli Esteri, che ci ha sostenuto in molte situazioni complesse. Tra l’altro, i vari casi nel rapporto con le aziende o i consolati all’estero vanno affrontati tenendo conto dei fusi orari. Per esempio quando ci si relaziona con Princess, di base a Seattle, la differenza oraria è di 9 ore, il che significa che possiamo interloquire solo dopo le 18 ora italiana. Passando al mondo delle crociere, la situazione è davvero drammatica da ogni punto di vista. Parliamo di un comparto che ha sempre prodotto grande ricchezza e come minimo 200mila posti di lavoro.
Nel 2019 hanno viaggiato 32 milioni di croceristi, su 270 navi oceaniche di 55 compagnie. Le entrate prodotte hanno superato i 150 miliardi di dollari. Improvvisamente a causa del coronavirus ci sono stati casi di infezioni a bordo di alcune crociere, per cui tutto si è fermato e ogni nave è stata posta in disarmo, rimanendo bloccata nei porti del mondo più disparati, spesso senza adeguata assistenza dai Governi locali anche a causa della novità del fenomeno. Le prime operazioni effettuate sono state focalizzate sullo sbarco dei passeggeri attraverso voli charter organizzati dalle compagnie o dal paese di nazionalità dei passeggeri stessi. Per gli equipaggi invece c’è stato un caos totale. Non dimentichiamo che ogni nave ha un crew di 2mila persone per cui è facile fare un calcolo, pur approssimativo, di quanti marittimi dovevano esser rimpatriati, ma tra voli cancellati e frontiere chiuse è stata un’impresa rimandare le persone a casa propria. Certamente sono stati adottati provvedimenti sindacali da Itf a tutela delle lavoratrici e dei lavoratori dell’hotellerie rimasti bloccati a bordo delle rispettive navi da crociera, nel senso che sono stati considerati come passeggeri, senza poter lavorare, non essendoci più “clienti”. Ma una scelta simile non era pensabile per coperta e macchina, per cui per risolvere la situazione alcune società hanno ordinato alle loro navi di far rotta verso i paesi di nazionalità dei marittimi per rendere più facili i cambi, non senza defatiganti trattative con le autorità delle destinazioni, preoccupate di aprire le porte a marittimi infetti. Oltre a ciò ogni paese cambia frequentemente le proprie regole per cui abbiamo avuto il caso di un gruppo di marittimi del Togo il cui Stato ha chiuso le frontiere mentre loro erano in volo di rientro a casa, per cui sono stati costretti a tornare indietro e ora si trovano in un albergo in Addis Abeba! Alcuni giorni fa Princess ha organizzato due voli charter da Roma per 450 marittimi con destinazione Hong Kong e Kuala Lumpur perché siano trasbordati su navi traghetto e portati a destinazione nei vari paesi del Far East. Costo dell’operazione: 1,5 milioni di dollari. Facciamo questi esempi per dire quali enormi spese hanno dovuto sostenere le diverse società per effettuare le rotazioni a bordo. Nel contempo con le navi ferme non vi sono entrate e il cash flow si riduce. Alcune società non hanno retto, come la Pullmantur e la Cmv con 6 navi, e sono fallite. Lo stesso gruppo Carnival ha visto le proprie azioni passare da 70 a 15 dollari l’una e quindi per reggere ha dovuto programmare la vendita di 8 navi, compresa una di Costa. In questa terribile situazione (e non parliamo delle centinaia di migliaia di marittimi a casa senza salario alcuno) i casi da noi seguiti sono stati molte migliaia. Nelle aziende ci sono stati tagli dei salari del 50% e numerosi licenziamenti tra il personale di terra. Royal Caribbean ha licenziato circa 1.300 persone e ha chiuso i suoi uffici a Genova. La Princess ha tagliato il 50% della forza lavoro a terra a Napoli. Per i marittimi di nazionalità italiana si è aperta tutta la partita del sostegno al reddito, in quanto si tratta di personale che non ha diritto alla cassa integrazione. Esiste invero una indennità di rimpatrio e in alcuni casi la Naspi per i lavoratori all’estero, ma il percorso burocratico è complesso al punto che ben pochi ne possono beneficiare. Nell’aiutare i marittimi italiani a districarsi nella burocrazia ci è stata di grande aiuto la nostra Inas, il patronato della Cisl a cui va il sentito grazie nostro e di tantissimi lavoratori e lavoratrici. Superata la crisi del lockdown, alcune compagnie stanno cercando di ripartire. Costa e Msc hanno discusso con il Ministero della Salute un protocollo da applicare sulla nave. Per esempio: chiusura dei servizi self-service, riduzione dei passeggeri trasportati, sanificazione continua, controlli e test a passeggeri ed equipaggio e via elencando. L’idea è quella di effettuare crociere toccando solo porti italiani o porti dove non esistono restrizioni sanitarie. Nel Memorandum è altresì previsto che, se dovesse verificarsi un caso a bordo, la nave non viene fermata ma il colpito viene immediatamente ospedalizzato a terra. Aida invece pare che ripartirà facendo crociere “nowhere”, ovvero senza toccare alcun porto. Più difficile è la situazione di società come Princess, che operano prevalentemente sul mercato statunitense e devono sottostare a regole più stringenti visto il dilagare dell’infezione in quel paese, per cui i loro tentativi di ripartenza sono rimandati al 2021. Nel settore del carico il coronavirus ha creato un altro fenomeno che ha ulteriormente allargato il campo degli interventi sindacali: l’abbandono da parte dell’armatore, che svanisce nel nulla. Certamente si tratta di navi Foc, cioè registrate in paradisi fiscali, in genere vetuste e non di grandi dimensioni, lasciate in porti secondari. I marittimi restano senza viveri e bunker e debbono affidarsi agli ispettori della Itf, che molte volte con il loro legale procedono al sequestro della nave al fine di recuperare gli stipendi dovuti ai lavoratori. I tempi perché il mercato si risollevi, in particolare per le crociere, saranno certamente lunghi e pertanto il lavoro dell’Ispettorato Itf continuerà ad esser impegnativo e delicato e, per il 2020, certamente senza sosta per ferie.
Francesco Di Fiore Coordinatore Ispettori Itf
articolo tratto dal Mensile "La voce dei trasporti"
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