CAGLIARI. Dopo la fuga di Grandi Navi Veloci, la storica compagnia dei Grimaldi di Genova che dal 7 novembre non collegherà più Porto Torres a Genova, il mondo della politica è in subbuglio. La Sardegna perde rotte importanti e rischia di diventare «un'isola prigione». Il deputato Gian Piero Scanu lancia la proposta di una sessione straordinaria del Consiglio regionale sui trasporti. Il peccato originale, secondo il Centrosinistra, è la gestione che la Regione ha fatto della privatizzazione della Tirrenia da parte del governo. Da lì il «cartello» degli armatori e ora le probabili ritorsioni. Il Centrodestra è diviso: anche ieri l'ex presidente Mauro Pili e il governatore Cappellacci si sono trovati su sponde diverse: Pili ha proposto una conferenza nazionale sui trasporti mentre per il presidente della Regione le soluzioni devono essere trovate in Sardegna. «L'allarme lanciato dal sindaco di Porto Torres è da condividere in pieno», afferma Mario Bruno (Pd), «sulla privatizzazione della Tirrenia la Regione è arrivata in ritardo e si è inserita nella trattativa come se fosse stata una società privata senza considerare che Tirrenia vuole dire Sardegna». Il piano regionale dei Trasporti - ricorda Bruno - era stato predisposto nel 2008 (giunta Soru) ma non è mai arrivato in Consiglio. «La Giunta Cappellacci ha cambiato tre assessori ai Trasporti e ha lanciato l'operazione Saremar che è stato un modo di tamponare le necessità ma la soluzione passa dalla continuità, dalla gara con gli oneri di servizio». Impegnati in una sorta di partita a scacchi gli armatori sorridono. Nessuno vuole commentare la presa di posizione di Cappellacci dopo la notizia che salterà il collegamento di Gnv per Genova. Qualcuno insinua: «I numeri parlano chiaro, anche Cappellacci ha chiuso il collegamento Vado Ligure-Porto Torres perché d'inverno non è conveniente. Perché non lo riapre»? «Dobbiamo fermare l'isolamento della Sardegna», ha dichiarato Mauro Pili che ha individuato il percorso giusto in una conferenza nazionale per definire una strategia unitaria tra Stato e Regione sulla continuità territoriale aerea e marittima. «Il mio è un appello alle istituzioni di buon senso da quelle nazionali a quelle regionali», ha precisato Pili, «con la continuità territoriale aerea e marittima si è perso fin troppo tempo e si è pasticciato troppo. Bisogna interrompere prima che sia davvero troppo tarsi una contrapposizione che metterà in ginocchio la Sardegna e i sardi». Accuse che non sono piaciute a Cappellacci: «I sardi vogliono essere protagonisti del processo che deve condurre a dare effettività al diritto alla mobilità e alla realizzazione di una vera continuità territoriale», ha commentato il presidente della Regione. «Non aspettiamo soluzioni calate dall'alto: se a livello parlamentare si intende intraprendere iniziative per portare risorse, ben vengano, ma le decisioni saranno prese in Sardegna». Il governatore ha poi ricordato a Pili le azioni intraprese «con la conferenza dei servizi sulla continuità aerea e gli interventi per difendere gli interessi della nostra isola, sia in sede politica che giurisdizionale, su quella marittima. Lavoriamo su politiche che siano traducibili in atti concreti, non su azioni mediatiche». Per Gian Piero Scanu c'è un arretramento sui servizi di base: «Sono aumentate le servitù nell'isola e sono diminuiti i servizi. Il peggioramento è oggettivo sia nei collegamenti navali che in quelli aerei: pensiamo a Meridiana che su 35 aerei ne ha lasciato in Sardegna solo sette, peraltro i più vecchi. Ha disarticolato quel minimo di funzionalità che esisteva tra i vari scali. E di fronte a questo la Giunta regionale che fa? Finge di mettere in piedi operazioni pseudo istituzionali». Per Scanu il declino dei trasporti potrebbe persino non aver toccato ancora il fondo: «Penso ai collegamenti con le isole minori». Uno storico francese aveva diviso le isole tra due categorie: quelle di incrocio e quelle prigione. Del primo tipo farebbero parte la Sicilia e Creta poste all'intersezione di rotte commerciali e di passaggi di popoli; Sardegna e Corsica, fuori dalle grandi vie di comunicazioni, apparterrebbero al secondo tipo. «Per evitare di non avere più collegamenti per uscire dall'isola», dice Scanu, «ci vuole una classe dirigente che sappia scegliere. Ma bisogna farlo presto