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IL CONTROSENSO, DA NOI SI DEVE PRIVATIZZARE, LA TIRRENIA FRANCESE STA PER RIPASSARE A PUBBLICA

 

 

Cantieri, traghetti, compagnie di linea. Come l’Italia, anche la Francia dello shipping è da anni alle prese con un lungo processo di privatizzazione. Eppure, a differenza del Bel Paese, qui lo Stato è riuscito a mantenere la sua benevola protezione anche su quelle aziende strategiche che un tempo controllava al 100%. E tutto questo nonostante gli occhiuti controlli di Bruxelles. Partiamo dai traghetti: mentre l’Italia è alle prese con una privatizzazione ogni giorno più in salita, Sncm - la Tirrenia francese passata ai privati nel 2006 - sta per tornare pubblica.

Sul fronte dei container, rumors sempre più insistenti parlano di fondi sovrani pronti ad accorrere al capezzale della Cma Cgm, che dal 2010 sta procedendo a un piano di tagli a tappe, passato per Belgio, Germania, Irlanda, Gran Bretagna e che adesso si avvicina a Genova. Vale la pena ricordare la situazione dei Chantiers de l’Atlantique, oggi Stx France, che pure privatizzati, hanno al loro interno una quota di Stato rilevante, che ha permesso in questi anni al presidente Nicholas Sarkozy non solo di dire la sua sulla gestione del cantiere, ma spesso di trattare in prima persona con gli armatori - è il caso del numero uno di Msc, Gianluigi Aponte - per incassare nuove commesse.

Nel caso di Sncm è successo che Veolia, l’attuale proprietario, ha deciso di disfarsene, anche in vista di una sentenza della Corte di giustizia europea, che il 16 maggio dovrebbe decidere sulla restituzione degli aiuti di Stato ricevuti. Veolia aveva già pianificato la propria graduale uscita dal settore trasporti, ma il precipitare della situazione in Corsica, dove la regione autonoma ha deciso di rivedere l’assegnazione del servizio pubblico affidato in buona parte a Sncm, ha reso il progetto ancora più urgente. La Corsica ridurrebbe i finanziamenti da 120 a 60 milioni all’anno. Veolia è azionista di maggioranza della compagnia con il 66%, e ora starebbe cercando di vendere la propria quota proprio allo Stato, che già ne detiene il 25%, mentre il 9% è in mano ai dipendenti. Impossibile? No, perché Veolia può far leva su una clausola del contratto di privatizzazione che le permette di uscire dall’affare nel caso che la Corte europea chiedesse la restituzione degli aiuti di Stato, una cifra compresa fra 30 e 50 milioni di euro. Diversa la questione di Cma Cgm, che tornerebbe a ricevere denaro pubblico attraverso il fondo sovrano Fonds stratégique d’investissement (Fsi). La compagnia pubblica Cgm era stata acquistata nel 1996 dalla Cma di Jacques Saadé, dando vita a Cma Cgm, attualmente la terza flotta portacontainer mondiale per capacità di stiva. Non si conoscono i particolari dell’operazione, anche se è noto che la compagnia marittima punta a un’iniezione di 150 milioni di euro per bilanciare i conti in rosso del 2011. Il debito complessivo della compagnia è di 4 miliardi di euro.

Nel 2010 a Saadé si è affiancato nella società il gruppo turco Yildirim, che ha portato capitale per 500 milioni di euro. Nonostante questo, i tagli. Su Genova, dove la compagnia impiega 110 persone, la trattativa è appena iniziata. Dal poco che trapela, si prevede l’esternalizzazione di alcune mansioni in Malesia. Proprio per questo la scorsa settimana, dopo un’assemblea dei lavoratori, i sindacati Filt-Cgil, Fit-Cisl e Uiltrasporti hanno dichiarato lo stato d’agitazione e il blocco degli straordinari

 

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