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IL BIDONE TIRRENIA

Mancano poche ore alla rinuncia definitiva, da parte della Sardegna, ad avere un servizio di trasporto marittimo efficiente e al servizio dei cittadini. Le indiscrezioni sul contratto proposto alla Regione dalla Compagnia italiana di navigazione, la cordata privata che si accinge ad acquistare Tirrenia, sono allarmanti.Altro che Flotta sarda: se non ci sarà una sterzata radicale, un sussulto di orgoglio, forse fin da domani (il governo preme per la firma entro venerdì) nascerà una “nuova Tirrenia”, più garantita e monopolista della vecchia. La Cin (composta dagli armatori Onorato, Grimaldi e Aponte) deterrà l'85 per cento del capitale, la Regione avrà il 15 per cento. Una quota che di per sé dà un ruolo irrilevante. Reso ancora più marginale da una serie di clausole. In particolare la Regione dovrebbe impegnarsi, assieme agli armatori privati, a chiedere che venga aperto un tavolo per migliorare la convenzione di pubblico servizio tra il ministero delle Infrastrutture e la nuova società di navigazione. Questo per garantire una “continuità territoriale” che – subito dopo essere stata richiamata – viene smentita dall'altra ben più rilevante garanzia pretesa dagli armatori: la reddittività. In parole povere, gli armatori pretendono che la Regione rinunci, subito dopo la nascita della nuova società di cui entrerà a far parte con un ruolo marginale, a chiedere al ministero l'apertura di una gara internazionale secondo lo schema europeo e accetti che questa “nuova Tirrenia” gestisca il servizio secondole logiche del profitto. Come prima, peggio di prima. Con alcuni aspetti patetici e imbarazzanti che rivelano l'esistenza di un progetto di comunicazione finalizzato a far passare il bidone quasi come una vittoria indipendentista. La bozza d'accordo prevede che ogni nave rechi sulla fiancata la scritta “Sardegna” e che sul fumaiolo ci sia il simbolo dei Quattro mori. Ma, a proposito della presenza di personale sardo, si torna all' antico: nessun impegno preciso, ma vaghissime promesse attorno all’eventualità, forse, chissà, di assumerne. E, in più, la rinuncia a qualunque possibilità, se le cose dovessero andare male, di abbandonare gli armatori privati e di mettersi in proprio, magari cercando altri soci. A quanto pare, infatti, alla Sardegna viene anche imposto di non svolgere per cinque anni attività di trasporto marittimo su tutte le rotte da e per la Sardegna. E sono anche previste una serie di gravi conseguenze in caso di inadempimento. Diciamo che, alla faccia della propaganda di questi ultimi mesi, siamo all’affondamento definitivo di qualunque flotta sarda. In cambio del nome della regione dipinto sulle navi e dei Quattro mori sul fumaiolo. Un contratto capestro.

GIOVANNI MARIA BELLU

http://www.sardegna24.net/editoriale/il-bidone-tirrenia-1.5650

                 22-07-2011

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