L’Unione sarda 6/6/2012
UNIONE EUROPEA. Il vice presidente della commissione parla del Pdl e della Sardegna
Tajani: «Usateli per far crescere le vostre eccellenze»
Dal nostro
inviato
Emanuela Zoncu
BRUXELLES «La Sardegna è cresciuta molto e
nonostante abbia lasciato la rosa delle
regioni svantaggiate, per l’Europa resta una
realtà a cui prestare una certa attenzione»
e questo non è poco perché «Bruxelles, come
Roma, è una nostra capitale: quello che si
decide qui influisce sulla vita di 60
milioni di italiani».
Quando ad Antonio Tajani, vicepresidente
della commissione europea, venne detto che
sarebbe stato il candidato ideale per
occupare quella scrivania al dodicesimo
piano di Barleymont, l’edificio principale
della commissione, gli venne anche dato un
mandato che rivendica con orgoglio: «Rendi
onore al tuo paese».
Chi glielo disse?
«Silvio Berlusconi».
È per un ex premier “allenatore del Pdl”,
come lui stesso si vede?
«Il Pdl non può fare a meno di un Berlusconi
allenatore. Per il partito rappresenta un
elemento di coesione e di stabilità, lo è
sempre stato e continuerà ad essere così».
Però sul partito continua ad aleggiare lo
spettro della disgregazione.
«Il Pdl deve fare una riflessione profonda.
Deve individuare un percorso con delle idee
per uscire dalla crisi».
Crede in una federazione dei moderati?
«Eccome. Il modello deve essere il partito
popolare europeo. In Italia devono essere
coinvolte tutte le forze di centro».
Ma l’ha stupita il fenomeno-Grillo?
«No, è il partito dell’“anti”, che si è
manifestato in tutta Europa, generato e
spinto dal malcontento e dalla
preoccupazione per la crisi: non si possono
chiedere troppi sacrifici senza indicare una
via d’uscita».
Senza la crisi Grillo non sarebbe emerso
così?
«Le faccio un esempio. Mettiamo che io,
padre di famiglia, sia sull’orlo del
baratro: mi si dice che devo vendere i
gioielli di famiglia per ripagare i debiti.
Lo faccio e risano la situazione ma se dal
lunedì successivo non ho un lavoro come
faccio a far campare la famiglia e tornare a
mettere i soldi da parte?».
A proposito di sacrifici: la Sardegna ne sta
facendo da tempo eppure l’Ue non la
considera più tra le regioni svantaggiate.
«La Sardegna ha registrato, grazie agli
aiuti europei, uno sviluppo che le ha
consentito di uscire dal novero delle
regioni più in sofferenza e ora, se il
quadro finanziario viene approvato così
com’è, si ritroverà nel gradino intermedio
con Abruzzo e Molise».
Ma questo significa anche che verrà meno una
parte dei sussidi economici che le venivano
destinati in passato.
«Sì, ma non bisogna pensare a uno stacco
repentino. La Sardegna continuerà a ricevere
aiuti, inferiori a prima, ma significativi.
I fondi stanziati in precedenza servivano
proprio per risollevarla da una situazione
di svantaggio iniziale, amplificato dalla
crisi economica».
Per svantaggi iniziali intende anche
l’insularità?
«Anche, ma sono d’accordo con il commissario
Hahn quando dice che può essere una risorsa.
Ci sono isole ricchissime. La vostra
rappresenta un punto di riferimento per il
turismo. Senza contare il tessuto solido di
pmi che avete e le potenzialità legate anche
all’entroterra. A Bruxelles non si parla
solo di Sardegna in riferimento a Tirrenia
o alla continuità aerea».
La commissione dovrà pronunciarsi sugli
aiuti a Tirrenia e in ottobre si andrà a
nuova gara internazionale per quanto
riguarda il trasporto aereo.
«Il caso Tirrenia in relazione agli aiuti
è in corso di esame e sulla nuova gara posso
dire solo che deve essere una gara europea.
Il resto spetta al commissario dei
trasporti».
I gap sardi da colmare?
«Le infrastrutture interne per esempio. E
poi bisognerà saper usare i fondi europei
messi a disposizione per la ricerca e
l’innovazione per far crescere le
eccellenze: penso all’agroalimentare. Oggi
servono idee e fatti. A tutti i livelli!
Grillo dice: “usciamo dall’Europa».
E poi?
«Credo non sia quella la strada ma di certo
non si può stare fermi. L’obiettivo finale,
anche se a lungo termine, sono gli stati
uniti d’Europa. Per fare gli Usa ci hanno
messo 100 anni e una guerra civile.
Mettiamoci in marcia».